Imboscati

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Era impossibile capire la ragione di certe architetture presenti nell'aeronave, sembrava che Valerius non sapesse a cosa sarebbe stato veramente dedicato il vascello e quindi l'aveva tenuto aperto a numerosi possibilità. Certe soluzioni non sembravano neanche nell'indole di Valerius, come certi salottini interni, intimi, perfettamente arredati, a cui si poteva arrivare se si conoscevano bene i corridoi.

Beatrice non era interessata a nessun salottino, ma da quando la linea di Bismark era diventata predominante l'atmosfera si era fatta elettrica e quando non doveva adempiere ai suoi doveri sentiva il bisogno di allontanarsi dagli altri. L'aeronave poteva essere soffocante per chi cercava solitudine e così aveva preso l'abitudine di avventurarsi per i meandri meno conosciuti. Stava appunto facendo una di queste sue passeggiate quando un rumore aveva attirato la sua attenzione. Poiché non si aspettava di trovare nessuno lì aveva deciso di controllare, più per responsabilità che altro. Come tutte le persone semplici aveva una visione un po' mitizzata dei rettiliani, credeva fossero capaci di cose soprannaturali per cui non poteva negare di temere, prima o poi, di trovarseli sul vascello senza capire da dove venissero.

Entrò cauta nella stanza da cui proveniva il rumore, proprio uno di quegli inutili salottini, con la mano sulla pistola, ma subito si rilassò nel vedere i due uomini seduti al tavolino, la bottiglia di liquore in mezzo a loro.

"Ah" disse Francesco Pupo, alzando il bicchiere nella sua direzione "la lunga mano del primo ufficiale ci ha raggiunto."

"Curioso." rispose perplesso Arcadio "Abbiamo sempre creduto di essere abili a nasconderci."

I due uomini brindarono sorridenti. Parevano entrambi ubriachi.

Beatrice si rilassò e avanzò verso di loro. "Cosa ci fate qui?"

"Facciamo quello che fanno preti e scienziati quando si combatte una guerra: niente." rispose rapido l'ingegnere.

Beatrice era sempre girata al largo dall'inquietante terzetto che orbitava intorno a Valerius. Che Guglielmo Quasinotte fosse una creatura inquietante non era difficile da spiegare, ma anche quei due personaggi si trovavano in un mondo troppo diverso dal suo perché lei potesse mai avere rapporti con loro. Adesso li vedeva lì, prostrati, e non riusciva a capire cosa stavano realmente facendo. "Le operazioni per approntare i myrmidon..." cominciò, rivolta principalmente ad Arcadio.

"...sono in mano a Martino. Ottime mani. Senza contare che i myrmidon approntati da Valerius vanno avanti benissimo da soli. La mia filosofia e la mia scienza sono ben lontane da quello che serve adesso."

"...e voi..." provò a rivolgersi al prete, senza sapere bene dove sarebbe andata a parare.

"Dite che al Conte Bismark serve un inquisitore esorcista ammazza-mutanti?"

Beatrice si sedette in mezzo a loro. Quelle due persone le avevano sempre fatto paura, ma ora erano un mistero differente. Senza che dicesse niente, Arcadio le procurò un bicchiere e le versò una dose del liquore dalla sua bottiglia. Persino quella bottiglia non sarebbe dovuta esistere.

"Anche fosse, cosa ci fate qui?"

"Sopravviviamo al terrore, naturalmente." spiegò Arcadio. Francesco Pupo fece per obiettare, ma poi ridacchiò.

"Terrore?"

"Stiamo andando verso una grande battaglia, mia signora. Siamo in prima linea. Non serviamo a nulla. Cos'altro possiamo fare?"

Beatrice si sentì stringere le viscere. Dovendosi occupare dell'equipaggio dell'aeronave poteva anche ignorare quello che l'esercito era intenzionato a fare, ma sentiva anche lei l'eccitazione crescente intorno a lei. L'aveva gestita come se fosse un evento inevitabile, come se fosse pioggia, un forte vento, un'epidemia di influenza. Ora di fronte a quei due personaggi capiva che invece era qualcosa di diverso, era lo scopo della loro missione. Il motivo per cui erano lì.

"Sarà una battaglia feroce?" chiese, alzando il bicchiere.

"Sarà una battaglia come non ce ne sono state mai prima." decretò Francesco Pupo.

Bevvero tutti e tre.


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