Nuntio vobis

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Il prete correva avanti e indietro per la chiesa vuota, si inginocchiava davanti ad altari spenti, lucidava statue su cui non c'era stato tempo di far posare la polvere. Più faceva rumore meno sentiva il passo di marcia delle guardie all'esterno, meno si ricordava di quello che stava facendo.

Non sarebbe venuto nessuno a nessuna messa per molto tempo. La gente non usciva di casa perché Mosca era una città blindata, oppressa dalla guerra e dal fantasma dei Romanov. Se venivi trovato per strada senza un buon motivo potevano succederti brutte cose anche se non stavi facendo nulla di male. Di certo nessuno ti avrebbe dato credito se gli avesse detto che rischiavi il collo per andare a messa. Affiancarsi quella specie di monaco pazzo non aveva fatto lo Zar più religioso o devoto, anzi, sembrava che della religione ufficiale non gli importasse più nulla, come se la trovasse minacciosa. Un giorno, forse, pensava il prete, nascondersi nella chiesa sarebbe stato pericoloso, avrebbe dovuto nascondersi il più lontano possibile da lì.

Si inginocchiò davanti a una statua del bambinello, il rumore mentre si schiantava a terra sul legno preda dello sconforto e della devozione non gli permisero di sentire entrare i due uomini. Quando si girò erano in mezzo alla navata che lo osservavano. Lanciò un breve urlo, temendo fossero già gli sgherri del monarca, ma poi si accorse che uno di loro era un frate e si tranquillizzò. La sua esperienza gli diceva che esistevano frati che incredibilmente erano resistenti a qualsiasi tipo di terrore o pericolo e che quindi arrivavano dappertutto senza fare una piega.

"Asilo, padre." chiese il frate. Il suo volto sotto il cappuccio si vedeva a stento.

"L'asilo non... non si nega a nessuno. Da dover venite per aver bisogno di un tetto, fratello?"

"Da terribilmente lontano. Sono qui perché già una volta avete aiutato qualcuno del mio ordine e da allora sappiamo di poterci fidare di voi."

"Una volta...?"

"Padre Mendel."

Il prete indietreggiò. Sapeva che quel nome non significava solo asilo, ma molto di più. Aveva seguito la vicenda di Padre Mendel fin dove aveva potuto, fino a sapere che era partito al seguito dell'esercito conquistatore russo. Da allora aveva sperato di non sentirne più parlare. "Mi sono sempre limitato a dare un tetto a chi ne aveva bisogno, sempre."

"Ma voi dovete capire che noi abbiamo bisogno di un tetto per ragioni importanti."

"Importanti."

Il frate si levò il cappuccio dalla testa rivelando un cranio tutto spigoli, un sorriso sbilenco e occhi penetranti. "Sono Francesco Pupo Torvergata, ministro dell'Inquisizione, servo di Santa Romana Chiesa."

"No." si limitò a gemere il prete.

"La tua chiesa è in guerra con il tuo zar e io sono qui perché tu scelga la parte giusta."

Il prete continuò a ritrarsi, ma sentiva già il peso dello sguardo dell'uomo che aveva davanti addosso. Non aveva mai chiesto al suo Dio di essere messo alla prova eppure il suo Dio sembrava intenzionato a farlo nel modo più terribile.

"Io e la mia guardia del corpo abbiamo bisogno di un posto dove nasconderci mentre indaghiamo su quello che sta accadendo qui a Mosca. Nuntio vobis gaudio magno, prete, ma il giorno deve ancora venire e noi dobbiamo prepararci."

"Una... guardia del corpo?"

"Rispetto alla persona a cui mi accompagno usualmente un coltello spuntato, ma capace di uccidere."

"Guarda che ti sento, frate." disse Ardiante dietro di lui, innervosito dalla pantomima.

"Non esiste nessun posto" si scusò il prete "in cui essere al sicuro."

Francesco si sedette su una panca e guardò in alto, verso il crocifisso. "Ne sono consapevole. Siamo tutti alla mercé della provvidenza. Ma si dà il caso che la provvidenza sia ciò di cui mi occupo io."

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