Goccine

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Venerdì 23 dicembre 2016

Che poi, il problema non era tanto che mamma Franca era una pastrocchiona con le medicine, quanto che Babbo Sedioli si era deciso a fare la spesa grossa il 23 dicembre, che era un venerdì.

«Soltanto uno che non capisce un cazzo di negozi può andare all'ipermercato il venerdì pomeriggio del ventitrè dicembre» aveva detto Cristian, parlando del più e del meno con Nicola al bar giù di sotto, qualche giorno dopo.

«Vuoi fare a cambio babbo? Il mio s'è deciso a far fare le confezioni natalizie il ventidue, e voleva che lo aiutassi a portarle in giro. Ma col cazzo, il bagno è il tuo e te lo gestisci te!».

Inutile dire che Nicola avrebbe anche avuto il tempo di portare in giro le confezioni, ma non ne aveva voglia, preferiva cazzeggiare facendo aperitivo.

«Quindi non ho capito, cos'è successo di preciso?» aveva chiesto poi Nico, sgranocchiando degli anacardi.

«Ah niente, hai presente che l'Erica si è fissata con 'ste cose naturali?».

«Eh si, ho presente, ma le donne lo sai come sono: se su un barile di catrame ci scrivi "bio", "natural" o "senza olio di palma" quelle ci fanno la maschera di bellezza».

«Lo so magari! Allora ha portato 'ste goccine a mia mamma, erano tipo gocce di canapa per lenire i dolori».

«E lei ci ha fatto una torta» era scoppiato a ridere Nicola.

«Non proprio»

In effetti non ci aveva fatto una torta, le aveva prese per un paio di giorni regolarmente, poi non si sa bene per quale motivo, aveva contato male le goccine perchè stava parlando al telefono con una sua amica, le aveva prese, aveva continuato a parlare e poi, convinta di non averle prese, era tornata e ne aveva assunta una ulteriore dose. Un totale di circa sessanta gocce al posto di venti.

Le era anche venuto in mente di averle già prese, ma aveva pensato che erano quei rimedi naturali, e mica poteva succedere chissà cosa. Poi era arrivato Babbo Sedioli che aveva detto «Dai bionda, che dobbiamo andare, che sennò troviamo casino».

Bella battuta, il casino all'ipermercato c'era già da un'ora e mezza, con gente che si litigava il parcheggio, poi si litigava i carrelli, infine si litigava panettoni e zamponi. Il marito della signora Franca si era dilungato a cercare il salmone perché doveva farci non so che cosa che aveva visto fare dalla Clerici in TV.

Quando erano stati alla casa, i due avevano iniziato a caricare la montagna di roba che avevano comprato, con Sedioli che si lamentava del subtotale che aumentava, aumentava, aumentava.

Passato l'ultimo prodotto, la signora Franca aveva tirato fuori il portafoglio, lo aveva aperto ed era finita lunga e distesa sul rullo della cassa.

«Sa fèt?» aveva detto il marito, con la moglie che iniziava a dire cose sconnesse.

La signora Franca, infatti, era fermamente convinta, nel suo stato alterato, di essere in punto di morte, e a causa di questa situazione, aveva cominciato a salutare tutti, parenti, amici ed astanti, lì alle casse dell'ipermercato.

«Ma "ciao" che?» continuava a ripetere Babbo Sedioli, condendo il tutto con alcune bestemmie che avevano fatto cambiare cassa ad un paio di suore che erano state incaricate di comprare i tovaglioli per la cena dei poveri della vigilia.

«Lino, Lino! At salut Lino, m'è toccato a me stavolta, ciao, ciao, stammi bene, saluta la Carmelina, mi raccomando» continuava la Franca. Che la gente non sapeva se prenderla sul serio e chiamare una ambulanza, o incazzarsi perché in quel momento c'era una cassa occupata da una che delirava.

Babbo Sedioli, figurati se portava la Franca al pronto soccorso. Ma il responsabile delle casse gli aveva chiesto molto gentilmente di levarsi dal mezzo con la moglie che dava i numeri. Consegnandogli un permesso speciale, lo aveva spedito al parcheggio a prendere la macchina, e lui, nel caos di un ipermercato alle sei di pomeriggio del 23 dicembre, aveva mandato nel casino diverse persone ed era arrivato a un passo dalla porta automatica.

Sullo sfondo, la moglie era stata adagiata sul rullo della cassa, a mo di barella improvvisata, da dove continuava l'elenco dei saluti.

«Gabriella ciao, mi raccomando quei gatti, che poi se entrano da dietro ti pisciano nei gerani della serra, mi raccomando non farli entrare! At salut Gabriella, e mi raccomando sta in urecia cun chi gat»

Caricata la moglie con l'aiuto di una guardia giurata, Babbo Sedioli aveva chiamato Cristian, esordendo con sei bestemmie che avevano fatto vergognare il figlio davanti all'Erica, che comunque un minimo di senso cristiano ancora lo conservava.

«Vieni a casa che la mamma ha incominciato a dare i numeri, è qua che saluta tutti!».

«Saluta tutti?!» aveva chiesto Cristian, che non aveva ben capito.

«Si, saluta tutti, dice che sta per morire e allora saluta tutti, senti» e aveva allungato il telefono sotto il naso della moglie.

«Cristian, Matteo, no, oh, mi dispiace che tocca a me! Vi saluto, vi saluto tanto, però se vieni a casa sui fornelli c'è la pentola spenta col ragù per i cappelletti di natale. Hai capito?».

«Mamma, ma-».

«Ma non fare lo sgolmato come al solito, prendine uno sgugiottino e lasciane un po' per Filippo che forse viene con la sua morosa».

Babbo Sedioli aveva ritirato il telefono e nel frattempo aveva inveito contro una panda metallizzata rea di aver messo la freccia troppo tardi.

«Insomma dai vieni a casa che vediamo».

A casa, l'avevano messa a letto. E Cristian si era messo lì di fianco.

«Mamma, ma perchè dici che muori? Hai preso qualcosa?».

Lei, nella penombra della camera, era parsa quasi rilassata, poi si era rivolta al figlio «Cristian, sei morto anche te?».

«No, t'ci te che t'a n'ci incora morta, patacona!» aveva berciato Babbo Sedioli da appena oltre la porta.

Ma lei si era rimessa a dormire, e solo la mattina dopo, svegliandosi, con la dose di goccine ormai smaltita, aveva capito di non essere morta.

«Saran state quelle goccine» aveva detto alla famiglia, raccolta al completo, «quelle che mi ha dato l'Erica per il male alla spalla».

«Lo sapevo che era robazza. Se la roba non la scrive il dottore, è robazza» aveva brontolato Babbo Sedioli, andando a prendere il flacone delle goccine.

«Cioè quindi mamma, ti sei drogata» aveva ridacchiato Filippo.

Ma la madre era già in piedi, diretta alla cucina che c'erano da fare le orate per la cena della vigilia.

«E te, Sedioli, vieni a fare quel salmone che mi hai rotto l'anima mezz'ora all'ipermercato per prenderlo!» aveva aggiunto mamma Franca.

Il babbo aveva mollato il flaconcino sulla tavola da pranzo, diretto verso il suo destino. La casa sembrava essere tornata alla normalità, così i figli avevano potuto prendere la porta, tirando un sospiro di sollievo.

Ma Filippo, per sicurezza, si era messo in tasca il flaconcino, che poteva tornare utile. Metti mai.

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