15. Liam: perchè è venuto a parlarmi?

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Perché è venuto a parlarmi?

Mi sembrava così assurdo. Andrew Parker mi era parso quasi preoccupato.

Probabilmente i calci e i pugni mi hanno fatto parecchio male. Più del previsto.

Osservai i miei genitori. Mia madre stava guidando con espressione corrucciata, mio padre era arrabbiato. Sapevo che avrei passato dei guai per la brutta figura che gli avevo fatto fare, ma in quel momento riuscivo solo a pensare ad Andrew. Mi ritrovai a revocare il suo splendido viso, i suoi occhi verdi, i suoi capelli perfetti. Ma che diavolo mi stava succedendo? Da quando pensavo ad Andrew? E in quel modo, poi! Mi accorsi che eravamo arrivati a casa. Strinsi i pugni, mentre Billy cominciava con la sua predica.

Avresti dovuto reagire. Avresti dovuto fare qualcosa. Invece hai fatto il perdente, sei rimasto fermo a farti picchiare. Andrew non avrebbe dovuto salvarti. Avrebbe dovuto lasciare che ti massacrassero di botte.

Molto d'aiuto, Billy. Come al solito.

Stranamente, i miei genitori non mi punirono. Mi insultarono pesantemente, ma non mi picchiarono. Salii in camera e mi medicai da solo. Curai i tagli, applicai una pomata sui lividi, pulii il naso dal sangue e feci una fasciatura alla caviglia. Non era nulla di che, ma era pur sempre meglio di niente.

I miei genitori furono costretti dal medico di famiglia a lasciarmi a casa da scuola per qualche giorno. Ne fui felice, stare lontano dai bulli e, soprattutto, da Andrew, era ciò che mi serviva. Passai i tre giorni successivi a dormire e riposarmi. Piano piano i lividi scomparvero e smisero di dolermi. In qualche modo, avevo trovato quel dolore rassicurante. Mi ricordava ciò che era accaduto. O forse, chissà, era solo rassicurante sapere che per una volta quella sofferenza non era causata dai miei genitori. La mattina del quarto giorno dopo l'incidente, fui costretto a tornare a scuola. Temevo che qualcuno mi avrebbe preso in giro, magari picchiato nuovamente, ma ero invisibile come al solito. Sospirai di sollievo.

Billy non si fece sentire mentre prendevo i libri che mi servivano dall'armadietto. Adorava mettermi a disagio.

All'improvviso si percepí una strana tensione nell'aria. Alzai lo sguardo, anche se sospettavo già cosa (o meglio chi) ne fosse la causa. Andrew attraversava il corridoio con espressione sicura. La sua andatura era, come sempre, svogliata, la tipica camminata di chi vuole farsi notare. Sfoderò un sorriso ad alcune ragazze, che scoppiarono in acute risatine a dir poco imbarazzanti. Prima che una di loro potesse anche solo salutarlo, lui le aveva già superate. Lanciò un'occhiataccia a Mirko e il suo gruppetto e superò anche loro. Stava venendo verso di me. Il cuore cominciò a battermi ferocemente. Non sapevo che cosa pensare, che cosa fare. Billy rimase in silenzio, avevo l'impressione che si stesse godendo la scena. Chiusi velocemente l'armadietto e mi fermai davanti ad esso, in attesa. Andrew arrivò davanti a me. Aveva smesso di sorridere in quel modo che per tanto tempo mi aveva irritato, e che ora adoravo. Mi guardò serio e disse solo: «Ciao».

Mormorai a mia volta un saluto, in attesa di capire che cosa avrebbe fatto. Andrew sospirò. «Stai meglio?»

Quella domanda mi stupí. Forse gli importava davvero. Forse c'era un motivo per cui mi aveva salvato da quei bulli. «I-io...»

Non vorrai mica rispondere! Intervenne Billy.

Le parole mi rimasero bloccate in gola.
Andrew mi guardò dubbioso, inarcando le sopracciglia.

Presi un respiro. «Sí, un po' meglio» mormorai debolmente.

Quella fu la prima volta che riuscii ad ignorare Billy. Provai una strana sensazione nel rendermene conto, come un brivido lungo la schiena, un rivolo d'acqua gelida sulla spina dorsale.
Andrew sorrise, ma stavolta era un sorriso vero, che lo faceva quasi sembrare un bravo ragazzo. «Bene».

Si voltò e fece per andarsene, ma qualcosa si mosse in me e compresi... compresi che non volevo che se ne andasse. «Aspetta!»

Lui si voltò, sorpreso. «Sí?»

«Volevo ringraziarti» stavolta il mio tono di voce era incredibilmente normale. «Per... per quello che hai fatto. Salvarmi da quei bulli».

Andrew arrossì leggermente, poi però tornò alla sua espressione da duro. Quella che sfoggiava con le ragazze che gli piacevano (cioè quasi tutte) e con i ragazzi che gli creavano problemi o che lo mettevano a disagio. Mi chiesi a quale categoria appartenessi.

Andrew scrollò le spalle. «Sono degli stronzi».

«Già» confermai io. «Ma davvero, grazie. Nessun altro mi ha aiutato, tu sei stato l'unico. Posso... Posso chiederti perché?»
Andrew si sforzò di nascondere il suo imbarazzo. «Nessuno merita di essere trattato così».

Annuii distrattamente, ma lui non aveva finito di parlare.

«E poi dovevo scusarmi per tutte le volte in cui mi sono comportato in quel modo anch'io».

Quelle parole rimasero in sospeso tra noi. Il respiro mi si bloccò in gola. Billy cercava di parlare, ma io l'avevo esclusa in una qualche parte remota del mio cervello ed ero determinato a fare in modo che rimanesse lì quanto più tempo possibile. «Ho già dimenticato tutto. Dopo quello che hai fatto per me, è il minimo».

Non avevo mai parlato con quella scioltezza con qualcuno che non fosse Billy. Con Andrew mi sentivo stranamente al sicuro, percepivo di potermi fidare.

«Senti, Liam... Posso proporti una cosa?» la sua improvvisa insicurezza mi fece sorridere.

«Certo».

«Stasera esco con i ragazzi della squadra. Ti... ti va di venire? Sta' tranquillo, Mirko e il suo gruppetto non escono più con noi».

Mi raggelai. Voleva... voleva che andassi con lui e i suoi amici? Io non ero proprio il tipo. Stavo per dirglielo, tuttavia mi bloccai. Poteva essere l'occasione per stare con lui. Con Andrew Parker. Proprio lui. Forse, se fossi andato, sarei riuscito finalmente a comprendere che cosa provavo nei suoi confronti. Simpatia, o qualcos'altro? C'era solo un modo per esserne certi.

«Stasera esco con degli amici».
I miei genitori e i miei fratelli erano in cucina, mangiavano chiacchierando ma, non appena io entrai affermando ciò, si bloccarono.

«Tu... cosa?» chiese mio padre, certo di aver capito male.

Non ero mai uscito con degli amici, anche perché non ne avevo mai avuti. Oltretutto, solitamente non parlavo con loro se non costretto con la violenza.

«Esco. Con amici» ripetei con calma.

Mio padre guardò un punto fisso davanti a sé, poi annuì velocemente. «Come ti pare».

Nessuna raccomandazione, neanche un centesimo sborsato, neanche un saluto. Non che mi fossi aspettato qualcosa di diverso dal modo freddo in cui ero stato liquidato. E chissene frega. Avevo preso qualche soldo, quanto bastava per pagare un paio di pizze e qualche bibita. Uscii nella fredda aria di inizio dicembre. Quasi mi rattristava il pensiero che presto la scuola sarebbe finita. Per due settimane non avrei visto Andrew. Scossi la testa e svoltai l'angolo. Era già lì, a bordo della sua costosissima macchina, nel luogo che avevamo deciso quella mattina. Entrai in macchina salutandolo con un sorriso e lui, dopo aver risposto velocemente, premette il piede sull'acceleratore e si allontanò da lì, permettendomi di lasciarmi alle spalle la mia stupida famiglia.


Angolo autrice

Eccoci qui! Un nuovo capitolo che porta novità... interessanti, secondo me. Chissà come se la caveranno i nostri protagonisti? E che cosa accadrà in questa uscita "tra amici"? Per scoprirlo, dovrete attendere il prossimo capitolo.

Commenti e stelline sono sempre ben accetti ☺♥

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro