37 ~ Nero come la notte

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FonteChiara's P.O.V

Resto per qualche secondo immobile e con la bocca spalancata: non riesco a muovermi. I miei muscoli sembrano avvolti da un profondo torpore. Tutto è avvenuto così in fretta... Cosa è successo? Neanche io, che ho assistito alla scena, riesco a spiegarlo. La paura mi blocca la voce in gola. Il grido del vento si è fatto potente, micidiale, carico di mille voci. Ora un'altra voce si è unita all'aria, un'altra anima è stata accolta dal Clan della Stella.

L'orrore mi ottenebra la vista, un gelo pungente mi avvolge il cuore: dovevo esserci io al suo posto. Dovevo essere io a salvarla. Ma ho avuto paura, un'altra volta. E ora, per colpa mia, un'altra vita si è spezzata. ZampadiPassero è acquattata sul bagnasciuga, gravemente ferita ma viva. Ha il muso tra le zampe e singhiozzi incontrollati scuotono il suo corpo sfregiato da profonde ferite.

La vista del padre trascinato via dalla corrente impetuosa e crudele deve averle inciso nell'animo un taglio ancor più doloroso di quelli che le attraversano il manto striato. SoffiodiVento, il suo mentore, la sua guida, l'ha abbandonata, sacrificandosi per salvarla. Avrà sentito le grida della figlia, sarà corso a cercarla, proprio come noi.

ZampadiCielo è immobile quanto me. Guarda il cielo da cui prende il nome, buio, privo della rassicurante luce delle stelle, che non sono accorse a dare il benvenuto al loro nuovo compagno.

Guardo la mia migliore amica, la gatta vivace che mi ha sempre tirato su il morale, ora distrutta dal dolore.

"Vorrei tanto poterla consolare... Ma come? Suo padre non tornerà più. Come abbiamo potuto commettere un tale errore?" mormoro con un filo di voce, mentre una lacrima mi riga il muso sfumato d'argento.

Il siamese mi rivolge lo sguardo. I suoi occhi di smeraldo sono vuoti come tronchi cavi, umidi come l'acqua. Le orecchie sono appiattite ai lati del suo muso. "Hai ragione, FonteChiara. Non avrei mai dovuto chiederti di venire con me - mormora - Vo... volevo solo passare un po' di tempo da solo con te. Ormai siamo sempre così impegnati, tra addestramenti e pattuglie".

Le lacrime gli pungono gli occhi, spingendo per uscire. Stringo la coda di ZampadiCielo e affondo il muso nel suo pelo morbido, cominciando a piangere. 

Un sentore di morte è ristagnante nell'aria scossa dalla tempesta, e neanche la pioggia che ora scende copiosa è in grado di portarlo via. Il fiume, nero come la notte, scorre ancora impetuoso, scrosciando tra i suoi argini e sbattendo sulle rocce acuminate che affiorano appena in superficie come denti affilati. Il silenzio delle tenebre è rotto solo dai nostri singhiozzi.

Dispiacere, senso di colpa, confusione si alternano con violenza nella mia mente. Neanche la dolce stretta di ZampadiCielo mi dà ristoro. Ora ZampadiPassero non ha più qualcuno da chiamare "papà", proprio come me. Il "Leone di Montagna" non era un padre. Era solo un mostro che pensava di poter fare di me tutto ciò che desiderava, come se fossi stata una bambola priva di sentimenti.

"Ehm... non dovremmo fare qualcosa per riportarla da questa parte della riva?" Una voce sottile, sconosciuta, pronuncia la domanda. 

Interrompo le mie riflessioni, sollevo gli occhi umidi carichi di lacrime e scorgo la sagoma sfocata di un giovane gatto dalla corporatura snella e gli occhi di un grazioso verde chiaro. Il suo pelo bianco puntinato di arancione è sporco di sangue e solcato da profonde ferite, che tuttavia non sembrano averlo indebolito eccessivamente, tanto è vero che riesce a stare sulle zampe senza problemi, e ora ci guarda incuriosito.

Anche ZampadiCielo lo scorge. Per un attimo gli sguardi dei due si incontrano, studiandosi con avidità. Poi, il muso del più grande assume un'espressione minacciosa, e io mi ritraggo, intimorita da questo suo improvviso cambio d'umore.

"E tu chi sei? Non fai parte del nostro clan o sbaglio?" soffia. Un ringhio gli sfigura il bel muso sfumato di un pallido marrone, mentre i peli gli formano sulla schiena una barriera serrata, rigida, che gli conferisce un aspetto spaventoso.

Il gattino fa qualche passo indietro. "Sta calmo!" esclama appiattendosi contro il tronco dell'albero su cui era precedentemente appesa ZampadiPassero. Non mostra paura, ma una certa diffidenza, coperta da un'abbondante dose di scaltrezza. "Non vi voglio mica attaccare!" aggiunge alzando leggermente le zampe anteriori.

"Dì la verità. Sei stato tu a portare qui quelle bestie feroci? Sei una spia del Clan della Tenebra? StelladelSilenzio ti ha mandato qui per controllare se i tassi facevano il loro lavoro?" sputa ZampadiCielo guardando minacciosamente il gattino. Appiattisce le orecchie e restringe le pupille in due fessure sottili come spilli. 

"No... no! Lo giuro! - miagola il giovane - Quei tassi mi stavano inseguendo e sono scappato! Poi il fiume ha intralciato la mia fuga e mi sono ritrovato a combattere! ZampadiPassero può raccontarvi tutto!" Il tremare delle sue zampe comincia a tradire la sua spavalderia. 

Ormai ZampadiCielo è a poco più di una coda di volpe da lui: con un balzo gli potrebbe arrivare addosso, e, se non si calmasse, potrebbe fargli male sul serio. Il cucciolo si appiattisce più forte contro il tronco, piantandovi dentro gli artigli piccoli e affilati.

"Come fai a conoscere il suo nome?" chiede ZampadiCielo, cominciando a rilassarsi. Le fiamme nei suoi occhi smeraldini si sono ridotte a scintille più quiete, ma non completamente assopite.

"Perchè mi ha salvato la vita! Se non ci fosse stata lei, quei tassi mi avrebbero ucciso!" grida il cucciolo, per poi ammutolire. Sembra aver appena confessato qualcosa di cui non va fiero.

"Se tu non avessi portato qui quei tassi, ora lei non sarebbe in pericolo di vita e SoffiodiVento non sarebbe morto!" ribatte l'apprendista più grande, tornando a infervorarsi.

"Ti ho detto che non li ho portati qua io! E non so neanche chi sia questo SoffiodiVento!"

"Come posso fidarmi di te, spia?"

La pioggia, con il suo ritmo tamburellante, fa da sfondo a questo combattimento a parole, che penetra il silenzio dell'oscurità, rompendolo come farebbe il rombo potente di un tuono. Il mio pelo comincia a inzupparsi e il freddo mi impregna le ossa, facendomi tremare. Vorrei solo tornare al campo, asciugarmi il manto e accoccolarmi nel mio giaciglio di muschio, dove sono al caldo e al sicuro. Decido quindi di intervenire per placare gli animi dei due contendenti.

"Adesso basta! - grido cercando di separarli - ZampadiCielo, non credo proprio sia stato lui. È solo un cucciolo".

"Ehi! Io non sono un cucciolo! Io sono Narciso, il miglior guerriero della foresta!" esclama il giovane. I suoi piccoli occhi verde chiaro si illuminano di orgoglio.

"Sta zitto tu, spia!" soffia ZampadiCielo, ricevendo in cambio un'occhiataccia da parte di Narciso, stufo di quella situazione.

"ZampadiCielo, non essere così severo. Non porta nemmeno l'odore del Clan della Tenebra" dico provando a calmare il mio compagno, ma senza riuscirci.

"E questo cosa vuol dire? Potrebbe essersi rotolato nelle felci per nasconderlo. Per non parlare della pioggia" ribatte l'apprendista diffidente, mentre gocce d'acqua sempre più grosse gli scivolano lente sul muso, come umide lumache.

"Proviamo a fidarci di lui. Personalmente, non credo che questo gattino abbia qualcosa a che fare con i loschi piani di StelladelSilenzio" dico tremando per il freddo.

"Io mi chiamo Narciso! Non 'gattino'!" urla il cucciolo. ZampadiCielo gli rivolge un'occhiataccia, ma quello risponde con un sorrisetto di scherno.

"Va bene, Narciso - borbotto irritata - Ora occupiamoci di ZampadiPassero. È ferita e ha bisogno di cure. Dobbiamo riportarla al campo velocemente".

"Ma come possiamo fare? Il fiume scorre troppo velocemente. Se provassimo a tuffarci ci trascinerebbe via. Finché non smette di piovere non possiamo arrischiarci" dice ZampadiCielo.

"Ma non possiamo permettere che ZampadiPassero rimanga sull'altra sponda! Quelle ferite potrebbero infettarsi e causarle malattie! Inoltre, come se non bastasse, quello è il territorio del Clan del Fiume!" grido puntando nuovamente gli occhi sulla mia amica, che non ha ancora smesso di piangere.

"Ho un'idea!" grida Narciso cominciando a correre verso un albero già parzialmente inclinato, i cui rami lunghi e flessibili, ma apparentemente resistenti, si protendono verso il torrente schiumoso. Vi sale sopra e comincia a spingerlo verso il basso. Comprendo immediatamente le sue intensioni e mi accingo ad aiutarlo.

"Ci dia una zampa anche lei, signor 'diffidentone'!" esclama Narciso rivolgendosi a ZampadiCielo con un sorrisetto. 

"Ah, sarei io il diffidente? Il nostro clan sta venendo attaccato! Siamo in costante per..." 

Le parole del siamese, pronunciate con tono esasperato, sono troncate dalla voce del gattino. "E falla finita! Chiudi quella bocca e vieni ad aiutarci!"

ZampadiCielo sbuffa e, con una rapida corsa, arriva al nostro fianco e comincia anche a lui a spingere. Finalmente il tronco dell'albero accenna a piegarsi maggiormente, e, rinvigorita dalla speranza, continuo a imprimere sempre più forza. Alla fine, uno scricchiolio preannuncia l'imminente spezzarsi delle radici. 

L'albero è ormai inclinato a tal punto da sfiorare la sponda opposta del fiume. Il leggero rumore prodotto dalle foglie nel momento in cui cominciano a spazzare l'erba, simile a un soffio di brezza, attira l'attenzione di ZampadiPassero, che alza il muso umido di lacrime.

"ZampadiPassero! - la chiamo, continuando a premere sul fusto - Aggrappati al tronco!"

La soriana sussulta e, lentamente, si alza in piedi e comincia a camminare in direzione dell'alberello, zoppicando appena. Singhiozzi sommessi continuano a rimbombarle in gola, e le lacrime sul suo muso si confondono con le gocce di pioggia sempre più fitte. 

Quando arriva in prossimità del fusto, però, si ferma. La preoccupazione si dipinge sul mio muso mentre vedo il suo corpo scosso dai tremiti. Sembra così debole, così stanca... 

"Non ce la farò mai! - mugola - Ho troppa paura!"

"Fai solo un piccolo sforzo! Una volta qui sarai al sicuro!" grida ZampadiCielo.

ZampadiPassero prova ad allungare una zampa e sfiora uno dei rami. Quello oscilla e una foglia si stacca e, vorticando, ricade leggera come una piuma sulla superficie del fiume impetuoso che, vorace, si affretta a inghiottirla. La giovane gatta si ritrae, spaventata. Osserva in cupo silenzio il luogo dove prima si trovava la foglia, e in cui ora rimangono solo onde sussurranti.

"No!" urla, allontanandosi col pelo irto sulla schiena. Soffia al corso d'acqua, come se così potesse incutergli timore. Ma quello continua a scorrere veloce, minaccioso. L'acqua inizia a fuoriuscire dagli argini, inglobando i lisci ciottoli di cui sono cosparse le sponde.

"Sbrigati ZampadiPassero! Hai poco tempo!" la esortiamo, ma lei non si muove: il terrore la paralizza. Non è da lei: di solito non si arrende mai. Eppure ora appare indifesa come un cucciolo di poche lune. Infatti, come loro si appallottolano impauriti al sopraggiungere di un pericolo, così la mia amica sta raggomitolata sull'erba, gli occhi ridotti a fessure. 

La colgo a fissare il nastro nero che si agita davanti a lei, dimenandosi come un topo tra le fauci del predatore. "Non... non posso farlo. Questa volta sarò io a cadere lì dentro, lo so" borbotta scuotendo la coda con nervosismo.

Il battito accelerato del mio cuore mi rimbomba nelle orecchie, assordandomi. Di questo passo, ZampadiPassero non si arrischierà mai ad affrontare il fiume. Non posso vedere la mia amica soffrire in questo modo. Devo trovare un modo per aiutarla, ma come posso fare? La furia del corso d'acqua si abbatte con violenza sul tronco, che presto verrà trascinato via dalla corrente. Sono costretta a prendere in fretta una decisione. Devo arrischiarmi a raggiungerla? Il fusto reggerà il peso di entrambe? I miei artigli saranno abbastanza potenti da tenermi ancorata all'albero, nonostante il vento e le onde sfavorevoli?

Sono tutti rischi che devo correre. Non c'è un'alternativa. So cosa devo fare. Cerco di farmi un po' di coraggio, inspiro a pieni polmoni, sguaino gli artigli e mi appresto a saltare. Rivolgo un ultimo sguardo a ZampadiCielo e a Narciso, che mi fissano stupiti. Sorrido loro e con un cenno spiego le mie intenzioni. Entrambi sussultano, l'apprendista prova a fermarmi, ma ormai ho preso una decisione.

Spicco un balzo e atterro con delicatezza sul tronco. Mi aggrappo saldamente alla sua corteccia, lasciando solchi in profondità. Assicurandomi di essere ben ancorata alla superficie legnosa, comincio a strisciare lungo il fusto. Dopo poco, le mie zampe cenerine sfiorano l'acqua del fiume, le cui onde sembrano intenzionate a disarcionarmi. Stringo più forte il legno e non mi arrendo. 

Chiudo gli occhi per evitare agli schizzi di entrare, mentre il vento umido porta con sè mille goccioline che si aggiungono all'abbondante pioggia. Ormai il pelo, zuppo, mi si è attaccato alla carne, dandomi una sensazione alquanto sgradevole. È come quando, ancora umana, mi ritrovavo a correre sotto un acquazzone, con i vestiti che, aderenti al corpo, apparivano come una seconda pelle.

Mi oppongo con tutta me stessa alla forza distruttiva dell'acqua, che si scaglia contro di me come una mandria di cavalli imbizzarriti. Alcuni schizzi mi finiscono in bocca, rendendomi difficile la respirazione. Non vedo più, non sento più. Ho freddo, paura, e forse tutto questo non è servito a niente. Aumento la velocità, desiderando raggiungere al più presto l'altra sponda.

Continuo a muovermi senza più pensare. Mi costringo ad aprire gli occhi e cerco di resistere ai continui spruzzi. I dintorni divengono sfuocati, ma ancora non mi fermo. 

Finalmente, dopo pochi secondi, riesco ad arrivare vicino alla mia meta. In mezzo alla grande macchia verdastra dai contorni indefiniti che vedo di fronte a me, scorgo un puntino marrone. Sbatto più volte le palpebre, cercando di liberarmi del bruciore e di ripristinare l'uso della vista. Quando poi fisso di nuovo lo sguardo in avanti, la prima cosa che noto è ZampadiPassero, ancora acquattata e tremante, sempre concentrata sul fiume.

"ZampadiPassero! Afferra la mia zampa!" le grido porgendole l'arto. Lei mi guarda, terrorizzata. Sembra in procinto di prendere una difficile decisione. Spero solo che faccia in fretta: non resisterò a lungo.

"Io... io non so..." prova a mormorare.

"Fallo!" grido, mentre un'onda più grande delle altre mi avvolge nel suo freddo abbraccio. Vengo sospinta indietro e lancio un urlo. Prima che io possa elaborare la situazione, mi ritrovo attaccata al fusto con le sole zampe anteriori. Annaspo in cerca d'aria e tento disperatamente di ritrovare l'appiglio. Il fusto, tuttavia, sembra essere diventato ancora più scivoloso. 

L'acqua mi penetra le vie respiratorie, e comincio a tossire. L'oscurità mi preme contro il corpo, e combatto contro il pensiero di lasciarmi andare, di permettere al fiume di trascinarmi lontano, come ha fatto con SoffiodiVento. Il desiderio di sopravvivere arde dentro di me come un caldo fuoco scoppiettante. Per questo mi aggrappo più forte al tronco. Ma ormai i muscoli mi bruciano troppo. La stanchezza mi intorpidisce le membra.

"ZampadiPassero! Ti prego..." grido in un ultimo, estremo tentativo.

Poi, esausta, chiudo gli occhi e permetto alla presa dei miei artigli sul tronco di allentarsi. L'ultima cosa che sento prima di lasciarmi andare è il rombo potente di un tuono, accompagnato dalle urla dei miei compagni.

Ecco un nuovo capitolo! Mi dispiace davvero per l'attesa infinita, ma non ho avuto molto tempo per scrivere. Spero di poter essere più attiva nel corso delle vacanze, e spero che questo capitolo compensi la lunga attesa. Cosa succederà a FonteChiara? Riuscirà a salvarsi? Alla prossima!

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