Mamma scrittrice

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Romanzo

«Inutile. È tutto inutile, cazz...arola!» urlo gettando l'ennesimo pezzo di carta accartocciato sul tavolo. «Questa scena non mi riesce...»

Azzurra, che mi guarda sorridente dalla sua carrozzina, non sa in che stato pessimo io sia. Lei, in me, vede la sua mamma, quella che le dà il latte e che le cambia il pannolino.

Non sa che a fine mese dovrei consegnare un romanzo e che, siccome lei non mi lascia dormire molto, non ho terminato di scrivere.

E non è colpa sua, poveretta, è che ha le coliche e piange tantissimo. Andreas, che da qualche mese chiamo Sant'Andreas, sì come la faglia, mi aiuta con lei e cerca di tranquillizzarla, ma il pianto della mia piccolina è come il richiamo di una sirena: non riesco a non seguirlo.

Perciò eccomi qua, più che Biancaneve, come mi chiama lui, assomiglio alla strega cattiva: capelli spettinati, senza trucco e con delle occhiaie che fanno pendant con quelle del panda di quel cartone animato che sembra essere l'unica cosa che tenga buona mia figlia durante il giorno.

Lo so, sono una madre degenere. Non dovrei piazzarla davanti alla televisione per mettermi al computer, ma se non facessi così la mia agente mi ucciderebbe e poco importa che lei, assieme a Gaele e Alessia, è la madrina della piccoletta.

No, mi ucciderebbe comunque.

«Amore?» sento dire un attimo dopo il mio sproloquio interiore. «Bianca? Dove sei?»

Sorrido al nomignolo. «Sono in salotto...» rispondo senza celare, però, la stanchezza nella mia voce.

Andreas fa la sua comparsa e lui, dannazione, è sempre bello come il principe azzurro e poi oggi, dannazione per la seconda volta di seguito, è vestito col suo miglior completo, quello nero con il quale indossa sempre quella camicia bianca che mi fa sempre ribollire come lava il sangue.

«Ehy, piccola...» dice avvicinandosi a me e Azzurra, alla quale accarezza delicatamente la testa. «Come sta mia moglie, oggi?»

Abbasso lo sguardo. «Sto male. Devo scrivere, ma non so cosa e...»

Veniamo interrotti dal suono del campanello. «Finalmente» esclama lui, andando ad aprire la porta. «Ciao mamma. Vieni, tua nipote ti aspetta...»

E poi accade l'impensabile, mia suocera, santa pure lei, in pochi istanti, dopo avermi salutata, porta via mia figlia con sé.

Quando io e mio marito restiamo da soli in casa, chiedo: «Cos'è successo?»

Andreas sorride. «Beh, quando stamattina sono andato via per andare a lavoro, ho visto quanto fossi stressata e ho pensato di chiamare mia madre, così adesso potrai lavorare al tuo romanzo, mentre io, da bravo marito, penserò alle faccende di casa e a tutto quello che...»

Ma non lo lascio finire, perché mi alzo in piedi e praticamente gli salto in braccio. «Dio, quanto ti amo, Azzurro. Ma c'è un piccolo problema...»

«Sì?» mi risponde baciandomi la punta del naso. «Qual è?»

«Beh, non ho più voglia di scrivere. Adesso, ho voglia di te».

«Allora, il problema non esiste, Bianca, perché io non smetterò mai di volerti...»

E in questo modo, inconsapevolmente, mi ispira, perché dovevo decidere se virare sul rosa o sull'erotico e adesso so cosa scriverò. 

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