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Posai distrattamente lo sguardo sulla figura posta dinanzi a me, accovacciata nella traballante sedia di legno scuro, malconcia, il naso arricciato, mi stavo sforzando di ignorare il penetrante sentore di umido e muffa che si spandeva sin dagli angoli piΓΉ gocciolanti e nascosti di quel piccolo garage.

Era stata un'idea strana, probabilmente anche un poco folle, quella che ci aveva visto azzardare un tentativo tanto incerto e disperato, mentre pian piano l'oscuritΓ  pareva prendere ad avanzare sempre piΓΉ.

Β«RoseΒ» mi riportΓ² alla realtΓ  Erika, per l'ennesima volta, avevamo poco tempo, ormai avrei dovuto averlo compreso, almeno dopo aver ripetuto quell'azione all'incirca una decina di volte, eppure non mi riusciva di rimanere concentrata sul bersaglio.

Sorprendentemente, i vampiri si erano rivelati ancor piΓΉ ottusi di quanto inizialmente mi fossi aspettata, si muovevano danzando insieme ai loro demoni e istinti, senza soffermarsi neppure un istante in un qualche genere di riflessione.

Aveva giovato, anche se sarebbe potuto sembrare improbabile, a nostro favore il fatto che il centro di quegli stessi pensieri, non solo un minimo ossessivi, avesse preso a girare attorno a me, in un'indistinta cacofonia.

Era stato sufficiente che, uno per volta, loro mi individuassero, il resto era proseguito da sΓ©, puntualmente il vampiro designato mi correva dietro, senza preoccuparsi minimamente di avvertire i suoi complici, a dimostrazione che l'arroganza non porta mai a nulla di gradevole, io allora dovevo solo svolgere una semplice azione, intrinseca nell'essere umano, camminare, continuare a farlo finchΓ© non fossi arrivata nel luogo da noi scelto, soprattutto per mancanza di migliori alternative.

Nonostante l'odore disgustoso, e l'evidente mancanza d'uso, il garage di casa di Erika si era rivelato la migliore, se non la piΓΉ comoda, delle opzioni, soprattutto perchΓ© l'abitazione della ragazza era l'unica che potesse facilmente essere raggiunta a piedi dalla galleria d'arte.

Il resto di quella piccola missione, la parte piΓΉ complessa, purtroppo, competeva poi a Katrina che, ancora avvertendo lo scattante bisogno di scaricare la propria furia, la tensione guizzare nei muscoli, in attesa, apparentemente dormienti, si faceva ancor meno problemi a stordire quell'essere totalmente ignaro, per poi legarlo alla seggiola con delle vecchie catene, gelide e resistenti, seppur arrugginite.

Le catene del genere che, durante il periodo in cui le strade si coprono di una lastra di gelo friabile e trasparente, devono essere attaccate alle ruote, era ironico che, impiegate in entrambi gli usi, avrebbero comunque salvato la vita di qualcuno.

Tutto il procedimento, portava, infine, alla scena che in quel momento si trovava a riempire il mio sguardo marino, mentre i riccioli color fragola mi sfioravano delicatamente le guance rosee, le braccia calate lungo i fianchi, le mani esili sulle cosce, ancora fasciate dalle scure calze a rete, non riuscivo precisamente a soffermarmi su un qualcosa di coerente, per quanto ciΓ² non mi portasse tanto dispiacere quanto avrebbe potuto.

Fu solo l'inquietante tintinnare dei legami in un movimento brusco della tetra creatura a rimembrarmi l'atto che doveva essere compiuto, finalmente tornai a prestare attenzione e i rumori ridondanti tornarono ad impegnare il mio udito, un respiro rassegnato s'increspΓ² nell'aria.

«È così turbata perché sa di essere lei, nonostante la situazione attuale, il coniglietto in trappola» insinuò lentamente il vampiro, la voce resa roca dallo stordimento «Oppure è sempre così noiosa?».

Le sue parole risuonavano profonde, strascicate, in un movimento di labbra appena accennato, anche pigro, si rivolse ad Erika con una certa familiaritΓ .

Lei non reagì in alcun modo, si limitò, altrettanto pacatamente, ad arricciare una ciocca chiara attorno al dito, con apparente disinvoltura, mi domandai se non l'avesse già incontrato in precedenza, se per lei il destino, cui l'essere, oramai, era condannato, fosse difficile, in una qualche maniera affettiva, da accettare, ma nei suoi occhi verdeggianti non si affacciò neppure il sentore di una nube.

Nonostante l'attenzione del prigioniero sembrasse rivolta altrove, tuttavia, i suoi occhi, del medesimo colore appartenente alle viscere piΓΉ profonde di un incendio boschivo, continuarono a tremolare, scottando la mia pelle candida di segreti e peccati.

Β«Vuoi sapere cosa ti succederΓ ?Β» Chiese ancora, in una maniera che sarebbe potuta risultare anche educata, se non fosse stata accompagnata da uno schiocco possente di mascella e frammenti dello scintillio di due bianche zanne ricurve, un ciuffo di capelli corvini gli ricadde sulla fronte.

«Lascialo stare, Rose» la voce astiosa di Erika mi costrinse ad intercettare il suo sguardo, mentre le mie iridi, di una scrosciante tonalità d'acqua dolce verde azzurra, colme di domande e munite di poche risposte, si intrecciavano alle sue, interrogative «Samael mente» mi fornì, tornando a squadrarlo «Continuamente...» sibilò, sottovoce, ma abbastanza chiaramente da essere udita.

Samael sorrise, tutto denti e spigoli, la pelle traslucida in contrasto rispetto hai folti capelli color dell'ebano Β«Non quando la veritΓ  Γ¨ peggiore di qualunque genere di menzogna io potrei mai essere in grado di ideareΒ» inclinΓ² il capo verso destra, ancora guardandomi, in un invito silente, nonostante le iridi vermiglie, quanto il migliore dei vini, fossero appannate di secoli, il giorno della sua trasformazione, che lo aveva reso immutabile, doveva aver avuto la mia stessa etΓ , anno piΓΉ, anno meno, non che importasse.

Β«PerchΓ© vorresti dirmelo, allora?Β» Domandai, disinteressata alla sua proposta, scostandomi una ciocca ramata dal viso Β«Se un avvenimento orribile non Γ¨ previsto non Γ¨ ancora meglio, per i sadici come te, intendo?Β» sibilΓ² delicatamente all'insulto, fingendosi offeso dall'epiteto.

«Veramente...» scandì la parola, come se per lui il tempo scorresse tanto rapido da necessitare un qualche genere di rallentamento «Diciamo che potrebbe essermi utile una tua totale...» canticchiò per un secondo, distraendosi come se il discorso fosse concluso, o come se, direttamente dai meandri degli Inferi, Satana gli avesse chiesto consiglio, come se stesse contando il risuonare degli spauriti battiti del mio cuore pulsante «Consapevolezza» concluse, quando ormai avevo quasi scordato l'inizio della frase.

Β«Dubito che qualcosa riguardante me potrebbe aiutarti, in qualunque modoΒ» scattai, non poco infastidita da quel suo tentennare tanto sicuro, quando sarebbe dovuto essere in preda al terrore per il proprio destino.

GettΓ² il capo all'indietro, esponendo il profilo bianco del proprio collo, una sonora risata rimbombΓ² nella stanza semivuota e stretta, come nella sua cassa toracica, mentre l'aria densa del suo respiro velenoso pareva corrodere la sicurezza delle presenti.

Quello sfoggio di gioia idilliaca terminò con l'infrangersi del refolo d'aria di un suo sospiro gelido, drammatico «Se anche così non dovesse essere» insinuò, di nuovo, ogni suo più labile respiro pareva risuonare di insinuazione.

Gli avambracci, piuttosto robusti, ma non eccessivamente, affilati, come i muscoli agili di un felino, si contrassero debolmente contro le grige catene, ferree.

Β«Quello che ti riguarda Γ¨ uno di quei segreti struggenti, che, inesorabilmente, ma con squisita lentezza, ti getta nel dirupo, ti distrugge, a meno che non sia tu pronta a distruggere gli altri, per semplice sopravvivenza, o a distruggerti per primaΒ» parlava con troppa veemenza, mi chiesi se un essere come lui potesse aver patito una stessa maledizione.

La maglietta scura si stropicciΓ² mentre si sporgeva in avanti Β«E poiΒ» considerΓ² e nel mio petto s'avviluppΓ² un respiro malamente trattenuto Β«Devo una tortura infernale al tuo amichetto ringhioso, cosa c'Γ¨ meglio del suo distruggersi, e struggersi, per te?Β».

«Basta così!» fu la voce di Katrina, mentre non potevo far altro se non sgranare gli occhi, avvertendo il principio di un capogiro, che interruppe, coraggiosamente perentoria, quella scena pietosa «Non so neppure perché ti stiamo ascoltando, anche se ci sai fare con le parole, lo ammetto» si era mantenuta silenziosa per gran parte della conversazione, stanziando dietro lo schienale della sedia, ma appariva, a dir poco, furiosa.

Si avvicinΓ² alla figura del finto ragazzo che, forse giΓ  mezz'ora prima, aveva colpito alla testa, senza alcuna pietΓ , poi sorrise, in uno scintillio di canini acuminati, preludio di caos.

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