𝕷𝖚𝖓𝖆

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Il resto dell'azione proseguì fin troppo rapido, non feci neanche in tempo a chiedermi se sarebbe stato strano per me osservare, per la prima volta, la diretta trasformazione di Katrina, in uno sfarfallio di ciuffi d'ebano e lo spandersi d'un lieve odore di liquirizia.

La porta in metallo sul retro del garage si spalancò con un tonfo non poco intenso, la testa dell'unica appartenente alla specie dei Lupi Mannari presente nella stanza scattò verso di essa, la piccola distrazione inconsapevolmente suscitata fu sufficiente a permettere al vampiro, evidentemente non più tanto stordito, di liberarsi ad una velocità sovrumana.

In un affiorare d'aria sulla mia pelle, una figura confusa e scattante come il vento fuggì nelle danze ondeggianti nell'ombra di un sospiro flebile, l'essere era sparito, come il tuono che illumina per un istante soltanto la tempesta, puoi udirlo degnamente solo se presti il dovuto ascolto a quel suono prepotente e, dopo che il temporale è passato, arrivi a dimenticare di aver avuto paura di quello squarcio ululante nel vento.

Non potei rimanere sorpresa a lungo, perché alla porta si affacciò una figura che ben conoscevo, avanzando lentamente Sebastian si fece spazio tra noi, inclinando lievemente il capo verso destra si rivolse a Katrina, le iridi colorate di nubi, in un'espressione interrogativa.

Strinse le labbra «Che cosa credevi di fare?» Domandò rigidamente, in uno schioccare di denti, ciuffi corvini gli ricadevano sul viso, sfiorando pacati la pelle chiara, infilò distrattamente una mano nella tasca.

«Pensavo che magari…» la ragazza tentennò, rilasciando un sospiro nell'aria viziosa della stanza «Un problema si sarebbe risolto» non ne sembrava più molto convinta, si scostò una liscia ciocca scura dal viso.

«Non si sarebbe risolto proprio nulla» Sebastian pareva più stanco che effettivamente arrabbiato, come sarebbe potuto essere, rilasciò la tensione accumulata nelle spalle «Dire che si sarebbero triplicati, anzi, è dire davvero poco, e lo sai. E' sempre così con lui» evidentemente credette che quelle parole potessero mettere fine al discorso, perché il suo tono risuonò perentorio.

Lei annuì, sporgendo un po' il labbro inferiore in una muta resa, sembrava fortemente più pallida, la sue pelle rifletteva una luce fin troppo candida, probabilmente era arrivata ad una fase successiva dell'avvelenamento, fu abbastanza per riscuotermi dalla mia silenziosa contemplazione.

«I ragazzi?» Chiesi, improvvisamente tesa, all'idea che loro potessero sentirsi anche in maniera ben peggiore avvertivo i nervi rigidi sotto la pelle chiara, li osservai entrambi attraverso le ciglia ramate.

«Sono qui fuori» risposero in coro, ma  fu Sebastian l'unico a proseguire nella frase successiva «Hanno già preso l'antidoto, tutti quanti» osservò Katrina intensamente «Vai» la ragazza doveva sentirsi molto poco bene perché non ribatté in nessuna maniera, si limitò a scivolare via silenziosamente.

Il ragazzo rimasto rivolse a me il suo sguardo, mi squadrò per un tempo che mi parve interminabile e mentre i suoi occhi graffiavano la mia pelle pallida, parendo carpirne i segreti, arricciai le labbra e, seppur un po' stancamente, lui ricambiò il mio sorriso.

Era, se possibile, ancora più bello quando sorrideva, non più forte solamente di una bellezza affilata e pericolosa quanto di un effimero sentore di perfezione sfolgorante, il principio di denti candidi che si affacciava alle labbra rosse, gli occhi scintillanti di ferro.

Probabilmente stavo ricambiando la sua attenzione con il medesimo fervore, ma quell'attimo di respiri mozzati non poté durare a lungo nell'infrangersi del tempo.

«Dobbiamo andare da Jason» si avvicinò lentamente a me, finché non fummo finalmente di nuovo insieme, a pochi centimetri di distanza, appariva stranamente diverso, più affrettato, come se gli fosse stata rimembrata una scadenza repentina «Vuoi un passaggio?» Ironizzò, il guizzo nei suoi occhi mi suggerì che probabilmente aveva notato lo stato pietoso della macchina abbandonata da noi ragazze.

«Mi farebbe comodo» ammisi imbarazzata, mentre lentamente ci incamminavamo verso l’esterno, i ragazzi mi accolsero pacatamente, fummo costretti a dividerci di nuovo per poter percorrere la strada che ci separava dalla nostra meta.

Stretti nella macchina nera di Sebastian ci ritrovammo in cinque: io, lui, Kelly, Erika e Ashley, comunque non ci perdemmo in chissà quali chiacchiere, ognuno impegnato in ricordi e pensieri differenti, tutti quanti animati dallo scopo comune di trovare una spiegazione fattibile.

Quando arrivammo le ombre del buio si riflettevano nella rugiada delle gardenie profumate in giardino e l’umidità si muoveva nell'aria fresca, preannunciando l’imminente arrivo dei primi di Dicembre, quella fastidiosa giornata di festività che mi era parsa eterna, Halloween, stava finalmente per terminare.

Valerie ci attendeva sull'uscio, assieme a Cris e Bailey che, prima dello sconvolgente calvario da noi affrontato, avevano avuto in mente di rimanere a casa, facendo probabilmente la cosa più saggia che si potesse immaginare.

Jason ci venne incontro in giardino, spingendoci dentro con parecchia foga e ben poca delicatezza, appariva frenetico e nervoso, infatti, quando ci ammassammo in soggiorno, prese a parlare con una certa indomita preoccupazione, le ciocche castane, se possibile, ancora più scompigliate del suo stato d'animo.

Erano passati ormai venti minuti, in cui ci eravamo limitati a fissarlo in totale soggezione, quando Cris decise, forte della calma gentile che sempre lo caratterizzava, di intervenire, gli posò gentilmente una mano sulla spalla, rivolgendo all’Alpha un bianco sorriso esitante.

Valerie approfittò del momento per farsi avanti, le braccia incrociate sul seno, le dita strette attorno alla manica bianca della maglietta a collo alto, rivolse a tutti una bonaria occhiata color cacao, poi batté delicatamente le mani pallide.

«Accomodatevi» affermò, in un comando generale «Penso che preparerò del caffè» il suo sguardo morbido si soffermò su di me per qualche secondo «E del tè, per chi preferisce» aggiunse, con un discreto occhiolino.

Avvampando, le rivolsi un ringraziamento muto, in un movimento delle labbra appena accennato e lei increspò maggiormente lo sguardo, lieta di aver riportato la pace e rasserenato qualche animo, come aveva effettivamente fatto, perché quell'intervento, con tanto di proposta familiare, aveva rassicurato un po’ tutti.

Come anche alcuni altri, presi delicatamente posto sul divano grigio, avvertendo un lieve scricchiolio delle molle, seguita quasi immediatamente da Sebastian che, con malcelata esitazione, si sedette affianco a me, mi sarei sentita a disagio, vestita com’ero, se altri non fossero stati messi anche in maniera peggiore.

Romeo sfoggiava un mantello rosso chiuso alle estremità e, in generale, una tenuta ridicola, pareva vestito come un antico gladiatore, Drake dava mostra di una tinta totalmente verde, anche se probabilmente la tonalità verdognola del suo volto non era stata precedentemente programmata, nella disastrosa imitazione di un alieno.

Strinsi i lembi soffici della gonna tra le dita esili, poggiando le ginocchia sulle cosce, fasciate dalle calze, il mento sui palmi bianchi rivolti verso l’alto, delle ciocche ramate mi solleticarono le tempie, ma finsi di non accorgermene posando uno sguardo salmastro su vari profili, ad intermittenza, cercando d’ignorare lo sfiorarsi delicato delle mie gambe con quelle di Sebastian, costretta alla vicinanza.

A riprendere a parlare fu solamente Cris, dopo essersi timidamente schiarito la gola, un sorriso fine e lievemente forzato sul viso, lasciò scivolare le dita fra i capelli biondi «Innanzitutto» cominciò «Siamo chiaramente stati avvelenati, perciò facciamo mente locale» si inserì tra gli avvelenati seppur non essendoci stato davvero, cercando di essere solidale, ognuno di noi lo seguì con lo sguardo, attentamente «Cosa tutti quanti abbiamo bevuto o mangiato?».

Nella stanza s'avviluppò un delicato brusio mentre ci consultavamo, ma era difficile trovare un punto comune, nessuno ricordava con esattezza, infine Ashley alzò infantilmente la mano in aria, in uno svolazzare della larga manica nera di pizzo.

Per metà curioso e probabilmente per metà terrorizzato Cris la indicò brevemente, concedendole la parola con un lieve cenno  del capo, lei incrociò le caviglie fini, coperte dagli stivali, e si sporse in avanti, riportando il braccio sulle gambe.

«Secondo me è inutile pensare a questo» dichiarò senza alcuna pietà, poi si scostò la coda castana dalla spalla, suscitando riflessi ramati, scaturiti dalle luci calde del lampadario bianco.

«l’Aconitum, per quanto mi riguarda, poteva essere ovunque, primo, perché ho mangiato un po’ di tutto» alzò un dito e poi un altro, mentre provavo a sforzarmi di trattenere una risata, continuò «secondo, perché è estremamente utile e vantaggioso per i colpevoli il fatto che questa pianta non danneggi gli umani, questo impedisce ogni genere di incidente» batté il tacco sul pavimento.

«Comunque, se ci tieni a saperlo» proseguì più gentilmente «secondo me era nel Punch, solo un guastafeste non berrebbe il Punch» arricciò il naso, sistemandosi sul bracciolo del divano «Un tale cliché» considerò, su una tonalità maggiormente flebile.

Cris batté le palpebre un paio di volte, osservandola con gli occhi chiari sgranati annuì lievemente «Probabilmente hai ragione» si ricompose poi «E' inutile stare qui a parlare in generale, ma che cos’altro possiamo fare?».

«Facile» Ashley schiuse le labbra, pronta a continuare la frase, le braccia conserte e l'aria battagliera, ma non fu lei a proseguire, venne interrotta, sorprendentemente dalla voce della sua solitamente pacifica amica, che risuonava forte e calda di un’ira di cui non avevo mai avuto in lei neppure il più lontano accenno.

«Guerra» Propose, nello stesso momento in cui la dua migliore amica esclamava: «Contrattacchiamo».

Kelly incrociò le gambe, fasciate dai jeans, in maniera piuttosto provocatoria, guardava davanti a sé, non verso Ashley con aria di rimprovero, come avrebbe fatto solitamente, stava squadrando Jason, che si era stanziato alle spalle di Cris, con occhi che parevano cuciture azzurre del cielo, fra le lunghissime ciglia color miele.

Neppure Ashley le rivolse il proprio sguardo «Abbiamo lasciato che loro facessero quelle piccole marachelle» aggiunse, stretta nelle spalle «E adesso hanno deciso di rendere reali i nostri peggiori timori» affondò gli incisivi, che si stavano pericolosamente mostrando in tutto il loro candore, nelle labbra rosse «non si tratta solo di giocare con un po’ di sana rabbia repressa. Si sono alleati» ringhiò, quasi in un gorgoglio.

«Hanno fatto litigare me e Ash» si inserì nuovamente Kelly, le dita si strinsero nel bracciolo, lo stesso sul quale la sua amica era appollaiata, lasciando solchi bianchi sotto lo sguardo sconcertato di Valerie, che stava facendo avanti e indietro dalla grande cucina.

«Nessuno fa litigare me e Ash» rincarò, mentre le due si scambiavano un breve sguardo per la prima volta «Non seriamente» aggiunse poi, piano e io avvertii un tremito di preoccupazione, non avevo idea di cosa potesse essere successo mentre ero stata assente alla festa.

Bailey, dalla più lontana estremità del divano, si affacciò con un’occhiata castana di comprensione «Capisco che siate arrabbiate» parlò docilmente «E non credo neanche che abbiate totalmente torto» mormorò, sovrappensiero, per poi proseguire «ma, in ogni caso, sapete benissimo che anche contrattaccare adesso non avrebbe senso e non solo...» si strinse nelle spalle fragili, cercando calore nella felpa rossa infilò le mani esili nelle tasche «Sarebbe anche un suicidio. Lo hai detto tu. Si sono alleati».

Ashley e Kelly, l'aria tra loro poteva essere tagliata con un grissino, non parlarono più e la conversazione si protrasse per un poco, seppur senza uno scopo reale, Sebastian rimase in disparte, alla fine del divano, pensai anche di poter scordare la sua calda presenza, ma non fu davvero così.

Mi ritrovai, ad un certo punto, con una tazza calda e profumata di tè ai frutti di bosco stretta tra le mani che rilasciava un lieve sentore di vapore sul mio viso, arrossando le guance, solo rilassandomi in quel momento mi accorsi che fino a poco prima ero stata tesa come una lama d’acciaio e che avevo avuto freddo, la scolali rapidamente e, dopo che una mia collaborazione venne rifiutata, riconsegnai il bicchiere di coccio azzurro oramai vuoto a Valerie.

Avvertendo un’improvvisa mancanza di calore alle dita, sfregai le mani contro il tessuto delle calze, alla ricerca di un po’ di sollievo, nel movimento frettoloso e avventato, complice anche la mia solita goffaggine, mi ritrovai a colpire il dorso caldo della mano di Sebastian.

Il sangue affluì alle gote, alzai lo sguardo, lasciando che dei riccioli ramati mi ricadessero sulle spalle, azzardai un piccolo sorriso che venne ricambiato con facilità, gli occhi di Sebastian erano di un argento più liquido, pozze di luce nelle quali non avrei avuto rammarico di sciogliermi.

«Sei gelida» constatò pacatamente e avvertii il cuore pulsarmi con forza maggiore nelle orecchie, in un risuonare fastidioso, ma allo stesso tempo utile, a ricordarmi che quel muscolo cardiaco era ancora lì, nella cassa toracica, a pompare sangue e a sconvolgermi con piccole esplosioni d'affetto.

Prima che potessi veramente controbattere la sua mano bianca si strinse attorno alla mia, che a confronto pareva minuscola, contrassi lievemente le dita lieta del calore e, dopo un ultimo sguardo imbarazzato e devoto alla luna candida, riflessa nei suoi occhi come nel mare dei miei, accostai il capo alla sua spalla, schiudendo le labbra in un sospiro.

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𝔈 𝔞𝔡𝔢𝔰𝔰𝔬 𝔰𝔬𝔩𝔬 𝔪𝔢!
𝙷𝚘𝚕𝚊! 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝚕𝚞𝚗𝚐𝚘 𝚒𝚕 𝚍𝚘𝚙𝚙𝚒𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚏𝚊𝚛𝚖𝚒 𝚙𝚎𝚛𝚍𝚘𝚗𝚊𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕'𝚊𝚜𝚜𝚎𝚗𝚣𝚊, 𝚗𝚎 𝚊𝚙𝚙𝚛𝚘𝚏𝚒𝚝𝚝𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚛𝚒𝚗𝚐𝚛𝚊𝚣𝚒𝚊𝚛𝚎 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚒 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚒 𝚌𝚑𝚎 𝚑𝚊𝚗𝚗𝚘 𝚊𝚟𝚞𝚝𝚘 𝚙𝚊𝚣𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚎 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚊𝚛𝚒𝚟𝚊𝚝𝚒 𝚏𝚒𝚗 𝚚𝚞𝚒! 𝚂𝚊𝚙𝚙𝚒𝚊𝚝𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚊𝚍𝚘𝚛𝚘 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚒 𝚟𝚘𝚒 ฅ^•ﻌ•^ฅ
𝙻𝚊 𝚖𝚒𝚊 𝚝𝚎𝚜𝚝𝚊 𝚎𝚜𝚙𝚕𝚘𝚍𝚎 𝚍𝚒 𝚒𝚍𝚎𝚎, 𝚙𝚎𝚛 𝚘𝚛𝚊 𝚖𝚒 𝚜𝚏𝚘𝚛𝚣𝚘 𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚗𝚌𝚎𝚗𝚝𝚛𝚊𝚛𝚖𝚒 𝚜𝚞𝚕 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚎𝚗𝚝𝚎, 𝚜𝚞 𝙲𝚁𝙴𝙸𝙻 𝚎 𝚊𝚗𝚌𝚑𝚎 𝚚𝚞𝚒 𝚍𝚒 𝚌𝚎𝚛𝚝𝚘 𝚕𝚎 𝚒𝚍𝚎𝚎 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚌𝚊𝚛𝚜𝚎𝚐𝚐𝚒𝚊𝚗𝚘.

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