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Alis

Giovedì

La prima sveglia mi stordì a tal punto da non necessitare delle successive.
Stropicciai gli occhi e mi alzai dal letto cercando di non barcollare dal sonno.

Mi guardai allo specchio e notai un miglioramento dell'occhio, ormai sembrava ci fossero semplicemente dei segni più scuri. Anche quel giorno avrei dovuto mettere il fondotinta, per mia sfortuna.
Mentre mi guardavo, riaffioravano ricordi sparsi del giorno prima.

La passeggiata con nonna non era andata un granché, non aveva molte forze per camminare nonostante avesse cercato di tenere duro fino alla fine.
Avevo deciso quindi di fermarci in un parco di cui non ricordavo affatto l'esistenza. È lì che si era ripresa e avevamo cominciato a parlare. Mi ero preccupata molto per lei e avevo pensato di chiamare papà per informarlo dell'accaduto, ma non sarebbe stata una buona idea, avrei solo finito per mandare all'aria i loro piani.

Mi vestii, sistemai il letto e la camera. Non avevo molta fame, quindi decisi di saltare la colazione. Siccome avevo ancora qualche minuto a disposizione, la preparai per nonna. Riscaldai un po' di latte e tagliai una fetta di crostata.

Bussai alla porta della sua camera prima di entrare.

"Buongiorno" mostrai il mio miglior sorriso e mi avvicinai a lei per appoggiare il vassoio con la colazione sul comodino.

Mi ringraziò contenta e sorpresa, prese il mio viso tra le sue mani e lo accarezzò dolcemente chiudendo gli occhi come se stesse pensando.

"Quando tu non eri ancora nata," iniziò a dire mantenendo quella posizione "io appoggiavo le mie mani sulla pancia di tua madre chiudendo gli occhi e godendomi il momento. Non pensavo a nulla, mi sentivo bene e tutt'ora mi sento tranquilla quando ti vedo."

Aprì le palpebre e allontanò le mani dal mio viso lasciando un non so che di amaro.

"Non so cosa avrei fatto senza di te" ammise sorridendo.

"Vale lo stesso per me" affermai.

Prima di salutarla mi disse che poco dopo sarebbe arrivata una signora a tenerle compagnia in caso avesse bisogno di aiuto. Quel fatto mi dispiaceva, ma non poteva fare altrimenti ed era una decisione giusta.

Arrivai alla fermata dell'autobus e aspettai qualche minuto, poi entrai.
Alzai lo sguardo e notai Nathan seduto sui posti in fondo così lo raggiunsi.

"Vedo che oggi hai preso l'autobus" esclamai e mi sedetti accanto a lui.

"Eh già, speravo proprio di vederti."

Continuammo a discutere di vari argomenti, dai più intriganti ai più banali. Espresse il suo pensiero riguardo alla scuola; non amava l'organizzazione e la disposizione degli studenti e aveva sempre odiato i gruppi formati trovandoli del tutto fuori luogo.
Poi iniziò a parlare di futuro e del lavoro che avrebbe voluto fare: amministratore dei dati informatici.

"Cosa sarebbe?" chiesi.

"Praticamente ti occupi dei dati di un'azienda", spiegò, "è come sapere tutto ciò che succede e c'è in programma tenendolo segreto."

"Ma perché proprio questo?"

"Mi piace essere a conoscenza di tutto, solo io. E poi me la cavo con la tecnologia" disse, non avevo mai visto nessuno così motivato.

"Che vuol dire che te la cavi con la tecnologia? Sei tipo uno di quei hacker che prendono i dati dal tuo computer?!" la mia era una specie di battuta ironica, ma il suo sorriso sembrava confermare l'ipotesi.

"Aspetta," lo guardai con gli occhi spalancati, "vuoi dire che entri anche nei telefoni degli altri? E che sai la loro vita privata?"

Rise nuovamente, poi aggiunse "In realtà non lo faccio con tutti, solo con chi mi sta antipatico..."

Scoppiammo a ridere entrambi, non sapevo quanto quello che mi stesse rivelando fosse vero, ma volevo crederci. Ora avevo definitivamente un'amico esperto di tecnologia, magari un giorno mi sarebbe stato utile per qualche ricerca personale.

"Se mai dovessi avere qualche problema con qualcuno, stai pur certo che sarai il primo detective che chiamerò a rapporto!" e annuì divertito.

L'autobus si fermò, segno che eravamo arrivati a scuola. Scendemmo e ci avviammo verso l'entrata uno affianco all'altro.

"Un giorno dovremmo fare un'uscita" pensò.

"Beh" mi si presentò il momento perfetto per chiederglielo "sabato c'è una cena a casa di un mio amico... Puoi venire con me."

"Non voglio essere di troppo."

"Assolutamente, anzi ho bisogno di qualcuno che venga con me o resterò da sola in un angolino a deprimermi" cercai di fare gli occhi dolci anche se non era mai stato il mio forte.

"Va bene va bene, vengo" decise "ma smetti di fare quegli occhioni che non funzionano!"

"Caro Nathan, con te hanno funzionato!" e scoppiamo a ridere ancora. Mi sentivo così felice che non avrei voluto più smettere.

"Cara Alis", mi imitò, "ora devo proprio andare in classe."

Sorrise e annuii; raggiunsi la mia classe con lo sguardo basso e un'aria serena nel corpo.
In fondo avere amici faceva bene. Dovevo solo essere più sicura di me e non farmi problemi sull'amicizia, non capivo mai quando ne iniziava una.

Avrei voluto fare un viaggio nel tempo e tornare al passato, quando ero ancora una bambina. A quell'età nessuno si crea paranoie, soprattutto riguardo agli amici. A quell'età giochi con chiunque abbia voglia di giocare e non ti stanchi mai di fare nuove amicizie. A quell'età nessuno giudica, tutti vogliono semplicemente passare del tempo in allegria.

In classe trovai la metà dei miei compagni, ancora in piedi a parlare tra loro o a sistemare le loro cose.

Mi sedetti e presi il cellulare per passare il tempo. Trovai un messaggio e lo lessi: "Per trovare il tuo numero ho dovuto curiosare in qualche telefono, perdonami".

Scossi la testa sorridendo involontariamente, il mittente era Nathan. Risposi con un semplice: "Perdonato!"

Poi appoggiai il telefono sul banco appena Michael entrò in classe. Lo salutai e si avvicinò.

"Ho invitato Nathan finalmente" lo informai.

"Così il fidanzato accompagnatore si chiama Nathan eh?" anche Dan evidentemente era entrato dopo Michael senza che me ne accorgessi.

"Ho già detto che non è un fidanzato accompagnatore, ma un amico" puntualizzai infastidita.

"Come ti pare."

Mike era rimasto in piedi e aveva ascoltato i nostri battibecchi, ma come sempre ne era rimasto divertito.
Presi a parlare un po' con lui di sabato e dello strano comportamento di Justin; da quel che avevo capito, non si aspettava il fidanzamento di Ashley con lui ed era rimasto male del fatto che nessuno dei due gliene aveva parlato. Ma non aveva smesso di rivolgere loro parola, come aveva fatto con me.

"Non dargli peso. Justin è così, se la prende per molte cose soprattutto quando pensa che non tieni a lui" cercò di tranquilizzarmi e si sedette sul suo posto.

Quando mi voltai verso Dan notai che aveva il mio telefono in mano e glielo strappai dalle mani.

"Il tuo amichetto chiede di uscire con la principessa a ricreazione" mi beffeggiò.

"Quando mi lascerai in pace?"

"Tipo mai?" mostrò una finta confusione.

Scossi la testa e lessi il messaggio di Nathan che effettivamente chiedeva se volevamo incontrarci a ricreazione. Acconsentii e rispose immediatamente che mi avrebbe aspettato fuori dalla porta della mia classe.

"Qui la situazione si mette male" continua Dan.

"Che vuoi dire? Quando parli non ti capisco mai."

Mi guardò storto e disse: "Abbiamo due rivali ora, da una parte Matthew e dall'altra Nathan. E già conosciamo il vincitore."

"Non farti strane idee. Sono entrambi miei amici, non succederà niente" affermai convinta, forse un po' turbata.

"Vedremo bionda."

"Non puoi semplicemente chiamarmi Alis? Prima Bella Addormentata, poi mammina, principessa, bionda..." mi lamentai e fece spallucce fregandosene totalmente.

Entrò il professore e, dopo aver fatto l'appello, iniziò la lezione.

A ricreazione aspettai Nathan fuori dall'aula vicino alla porta e arrivò dopo un paio di minuti.
In mano aveva un panino.

"Vuoi un pezzo?" chiese.

"No grazie."

Dopo aver deciso dove andare, ci dirigemmo verso il cortile. Trovammo una panchina libera e ci sedemmo lì.

"Toglimi una curiosità" iniziai "in quale telefono hai trovato il mio numero?"

"Se te lo dicessi ti arrabbieresti. Considerami un mago che non può rivelare i suoi segreti" disse e risi cercando di togliermi quella voglia di sapere.

Raccontò di come erano passate le ore di lezione. Era stato interrogato e non aveva dovuto rispondere a molte domande, quindi alla fine gli era andata bene. Poi avevano avuto un ora di sostituzione o di noia totale come la definiva lui.

"Andiamo alle macchinette?", domandai d'improvviso."Ho voglia di caramelle."

Sorrise e ci alzammo per raggiungere i distributori. Senza lasciarmi tempo di prendere i soldi, li mise lui e mi diede il pacchetto esattamente come l'ultima volta.

"Che credi di fare?" lo spintonò Matthew spaventandomi non avendolo visto prima.

"Che fai?" mi intromisi cercando di allontanarlo da Nathan, "lascialo stare Matt."

"Sta palesemente facendo quello che ho fatto io, con le caramelle" disse arrabbiato.

"Ma che dici? È assurdo. Sono io che le volevo prendere" spiegai stranita dal suo comportamento.

Lasciò Nathan e mi guardò non capacitandosi di ciò che aveva appena fatto, sembrava si stesse calmando.

"Senti, vuoi venire oggi da Dan?" chiese dubbioso, forse perché non si aspettava che gli rispondessi di sì, come invece feci.

"Va bene, vengo a prenderti io alle quattro" e sospirò prima di andarsene.

Lo guardai allontanarsi.
Cosa gli era preso? Cosa lo infastidiva?
Speravo che lo avrei saputo presto. Non capivo lui, ma nemmeno me stessa. Avevo accettato di andare a casa di Dan nonostante non lo sopportassi e ci sarebbe stato tutto il gruppo.

Mi voltai verso Nathan e mi diressi insieme a lui nella mia aula. Una volta arrivati, entrammo e ci sedemmo in due sedie in fondo dove non c'era nessuno.

"Per caso vi conoscete tu e Matt?"

Esitò prima di rispondere: "Siamo nella stessa classe, ma non ci conosciamo".

Non mi sembrava del tutto convinto,  ma decisi di credergli. Iniziai a mangiare le caramelle, mentre lui prese a parlare di come riusciva a cancellare i contatti dai telefoni altrui e nessuno a scuola sapeva della sua capacità. Mi raccontò che la passione nacque quand'era un ragazzino grazie al cugino che iniziò a farlo giocare ai videogiochi. Era così affascinato che cercava qualcosa di più del semplice giocare, ovvero cambiare i dati dell'avversario. 

La campanella suonò e interruppe il suo discorso. Lo salutai e accompagnai fino alla porta e tornai al mio posto. Le lezioni successive  passarono più lentamente del solito essendo per la maggior parte spiegazioni. Dan era uscito di scuola in anticipo, nulla di così nuovo.

All'uscita mi venne incontro Matthew: "Ti do un passaggio?"

"Grazie, ma posso anche andare con l'autobus."

"Ma puoi anche venire con me" insistette e accettai.

Nel parcheggio vidi Ashley che mi fece l'occhiolino e le sorrisi prima di entrare in auto. Una volta partiti, piombò il silenzio. Avrei voluto fare molte domande, ma non sapevo come iniziare. 

"Allora ci vediamo alle quattro" disse arrivati sulla via di casa.

"Si" risposi semplicemente, ancora un po' incerta.

Uscii dalla macchina e se ne andò in tutta velocità, mentre io raggiunsi la porta. Aprii con le chiavi che avevo portato con me e trovai nonna e una signora in salotto sedute sul divano. Mi avvicinai e mi presentai alla signora, poco più giovane di nonna. Mi raccontarono come avevano trascorso la giornata e le informai del fatto che il pomeriggio sarei uscita, omettendo dove e con chi.  

Nel frattempo andai in camera e mi misi ad ascoltare la musica sdraiata sul letto. Cominciai a pensare, a tutto ciò che mi stava accadendo. Mancavano due giorni alla cena da Michael e ancora non ero riuscita a parlare con Justin, mi chiedevo se l'avrei più fatto e questo mi dispiaceva. Era mio amico, non avrei voluto perderlo solo perché ce l'aveva con i Kings. Con Nathan e Matthew non sapevo come sarebbe andata, dicevano di non conoscersi ma la reazione di Matt era stata troppo esagerata, c'era qualcosa sotto di cui io non ero a conoscenza. 

Sentii il suono di un clacson, controllai l'ora ed erano solo le tre. Scesi in fretta le scale e corsi ad aprire la porta, era la macchina di Matthew. Tornai sempre correndo in camera e mi cambiai. Mentre cercavo di infilarmi i jeans, presi il telefono dal comodino e lo chiamai.

"Sì?" rispose.

"Non avevi detto alle quattro?" chiesi.

"Ho cambiato idea" ridacchiò, ma a me mancava il respiro dalla velocità con cui avevo sceso e risalito le scale.

"Potevi avvisare. Arrivo tra poco" e attaccai per continuare a vestirmi. 

Appena finii, salutai nonna e la signora spiegando del cambio d'orario e che non sapevo quando sarei tornata. Uscii trovando l'auto nella solita posizione.

"Avvisami la prossima volta" dissi con il fiatone.

"Perdonami", tirò fuori una rosa, "questa è per te."

Appena la vidi mi luccicarono gli occhi. La rosa era il fiore preferito di mamma; non mi era mai capitato prima che un fiore potesse portarmela in memoria, Matt ci riusciva sempre a riportare quel pezzo doloroso del passato. Lui stesso me la ricordava e mi chiedevo se mai questo non sarebbe più accaduto.

Lo ringraziai prendendo la rosa. La osservai insistentemente e osservai una goccia di lacrima cadere dal mio viso su un petalo.

"Qualcosa non va?" si preoccupò, quasi mi sentivo in colpa di mostrarmi così di fronte a lui.

"È che la rosa mi ricorda mia madre... il motivo per cui me ne sono andata dal Bronx. Se n'è andata quando avevo sette anni senza un mio ultimo saluto" spiegai con voce rotta. 

Si girò verso di me, sorrise dolcemente e l'unica cosa che disse fu: "Domani andiamo in un posto".

Non piangevo, avevo solo lo sguardo bloccato e pensieroso ed era meglio così. Appoggiai la testa sullo schienale del sedile e chiusi gli occhi.
Li riaprii solo quando Matt mi richiamò avvisandomi dell'arrivo. Pensai fossimo arrivati sibito ma spiegò che mi ero addormentata per tutto il tragitto.

"Ma Dan come fa a venire a scuola?" domandai, la sua casa non era molto vicina.

"Dorme dagli zii molto spesso, così può venire a scuola. E quando gli va, viene a casa sua. Ecco perché spesso non viene..." spiegò.

Uscimmo dall'auto e ci dirigemmo verso la casa, poi lui suonò aspettando che qualcuno venisse ad aprire.
Fu in quel momento che il pensiero di Ryan piombò nella mia mente quasi terrorizzandomi. La porta fu aperta da Lucas che guardò prima l'amico e dopo me.

"Salve mademoiselle" disse inchinandosi lievemente.  Lo guardai strano senza il bisogno di dire nulla perché mi precedette Matthew: "Smettila di fare il finto francese".

Entrammo nella casa, ormai la conoscevo, ci ero venuta un paio di volte. Sul divano trovammo seduti gli altri: Dan, Thomas, Aron e un ragazzo mai visto prima.

"Sappi che è stato Matt a volerti" precisò il primo, mi aspettavo che avesse qualcosa da dire. Lo guardai male ma non parve turbarlo.

"Beh" fece Lucas "a me non dispiaci."

"Lasciatela stare" disse Aron sorridendomi dopo e tornando a giocare ai videogiochi. Prima non avevo fatto caso al fatto che lui e Thomas stessero giocando.

Ero riuscita a decifrare un po' i loro caratteri. A quanto pare Lucas non si faceva scrupoli a dire ciò che pensava e come lo pensava.
Aron era gentile e comprensivo, il suo intento non era dare fastidio come quello di Dan. Sempre scontroso e menefreghista, non vuole che non gli si dia ascolto.
Matthew era un po' come Aron, ma mi parlava e si avvicinava a me di più.
E Thomas...  mi aveva fatto conoscere il gruppo, quindi era socievole e pronto ad aiutare i suoi amici. Nei miei confronti non aveva fatto nulla di male.

"Diaz" lo riprese Dan con l'aria di chi ha voglia di infastidire "non essere così protettivo che può ingelosirsi la fidanzata."

Aron Diaz. Finalmente scoperto il suo cognome.
Si girò verso l'amico fulminandolo con le pupille ristrette.
L'essere fidanzato era una novità per me e morivo dalla voglia di sapere il nome della ragazza, ma da lì si creò un telo di silenzio bucato solo dal rumore del videogioco e dei tasti dei joysticks. 
Mi sedetti sul divano vuoto accanto a Matthew e iniziai a sgranocchiare i popcorn sopra al tavolino pieno di altre schifezze.

"No ma prego, fa come fossi a casa tua" si lamentò Dan, aveva sempre qualcosa da ridire. Ovviamente non gli andavo giù.

"Non ci fare caso" bisbigliò Matt cercando di mettermi a mio agio ed era riuscito nel suo intento. La sua voce era così dolce...

Tutti avevano gli occhi puntati sullo schermo ad osservare lo svolgimento della partita, l'unica a scrutare il posto dove si trovava ero io. Avevo già visto la casa, ma era più interessante del gioco.
Iniziai a pensare per passare il tempo.
Erano molte le domande che mi ero posta da quando avevo incontrato i Kings.
Li conoscevo tutti o ce n'erano ancora? Non lo sapevo... Avevo visto altri ragazzi ma potevano essere semplici conoscenti.

"Vuoi giocare?" tornai alla realtà appena sentii Aron.

"Oh no no" rifiutai, non avevo mai provato a giocare.

"Dai prova" insistette.

"Preferisco mangiare..." inventai una scusa e risero, io stessa quando realizzai ciò che avevo appena detto.

Mi arresi e mi porse il suo joystick, mi spostai mettendomi tra lui e Thomas che aveva ancora in mano il suo controller.
Avviarono una nuova partita e, aiutata da Aron, iniziai a giocare.

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

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