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Alis

Sabato

Avere sempre la scelta pronta e giusta è una bella sensazione o almeno dovrebbe esserlo, come potevo saperlo se non mi capitava mai di avere la decisione servita su un piatto d'argento.

E quella volta non c'era molto di cui preoccuparsi se non il modo in cui vestirmi per andare alla cena a casa di Michael. L'armadio era spalancato, entrambe le ante aperte. Non avevo la minima idea di dove mettere mano e nemmeno a chi chiedere aiuto.

Era da molto che non indossavo abiti... Era il caso di farlo?
Ne tirai fuori qualcuno, quelli che mi sembravano più adatti, e li sistemai sopra il letto in modo che si vedessero bene. Presi anche dei pantaloni e delle magliette da abbinare e li appoggiai sempre sopra le lenzuola.
Tutti gli indumenti ben distanziati così da poterli focalizzare.
Poi li provai uno ad uno.

Avevo ancora molto tempo: erano le tre del pomeriggio. La cena sarebbe stata alle sette di sera, quindi saremmo dovuti partire per le sei in modo da arrivare con un po' di anticipo.

Di tutti i vestiti provati, non mi convinse nemmeno uno. Mi girai verso l'armadio per dare di nuovo un'occhiata e fui presa da un colore rosso. Mi avvicinai, si trattava di un abito a maniche semi lunghe. Lo presi, il tessuto era molto morbido, e lo provai guardandomi poi allo specchio.

Mi girai in più angolazioni e lo trovai perfetto. Il rosso accesso sarebbe risaltato nello scuro della notte, era elegante ma non troppo.

Nell'esatto istante in cui sembrava avessi preso una decisione, il telefono squillò sopra il comodino. Lo afferrai e lo portai all'orecchio.

"Pronto?"

"Come va con la prova abiti?" chiese Nathan, la voce arrivava poco chiara, probabilmente stava facendo qualcosa e allontanava il telefono da sé.

"Bene, ho finalmento scelto cosa indossare."

"Posso avere l'onore di sapere la tua scelta?"

"Vestito rosso."

"Allora devo vestirmi elegante anche io" dedusse scocciato e non molto convinto dell'idea.

"Dovrai sorprendermi!"

"Lo farò sicuramente", disse, "ora vado a esplorare gli angoli oscuri del mio armadio alla ricerca di una camicia."

Risi: "Va bene."

"Ah vengo a prenderti io... moto o macchina?" domandò.

"Assolutamente macchina" e ridacchiò chiudendo la telefonata.

Sfilai l'abito che avevo ancora addosso e lo piegai cautamente lasciandolo sopra al letto.
Feci lo stesso con gli altri vestiti sistemandoli però nell'armadio.

Mi guardai nuovamente allo specchio
spostando lo sguardo dal viso ai capelli rimasti leggermente mossi dal giorno prima. Decisi quindi di farmi la doccia per poterli sistemare meglio. Impiegai venti minuti buoni, meno del solito.

Tornai in camera con l'accappatoio e iniziai ad asciugare i capelli.
Dopo aver indossato anche l'abito, feci i boccoli come deciso e fui soddisfatta del risultato. L'acconciatura non avrebbe resistito

per tutta la sera, ma sarebbero comunque rimasti lisci quindi non mi preoccupai molto.

Accanto al comò c'era una torre di scatole di scarpe e le aprii una ad una per trovare un paio appropriato di tacchi; nonostante ci fosse la marca in ogni scatola, le scarpe erano in disordine.

Avevo solo un paio di sandali neri, perché ero sicura che li avrei abbinati con tutto. Il tacco non era fino bensì largo e la punta aperta.

Feci su e giù per la stanza un paio di volte per esercitarmi a camminare e andò meglio di quanto immaginavo. Arrivata davanti allo specchio mi guardai fiera e soddisfatta.
Avevo finito.

Scesi le scale con difficoltà e mi maledissi mentalmente per aver indossato già i sandali con il tacco, poi raggiunsi nonna e feci una piroetta allegramente.

"Questa è la mia Alis", disse lei con un sorriso a trentadue denti, "sei bellissima. "

"Confermo" si intromise Carol tornando dalla cucina. Le ringraziai felice e aspettai in salotto con la borsetta sulla spalle.

"Ma non fa freddo la sera?" notò nonna, in effetti il vestito era a mezze maniche.

"Vado sopra a prendere una giacca", sempre se ne avevo una.

Slacciai la fibbia dei tacchi e salii le scale scalza alla ricerca di una giacca adatta. Dopo averne tirate fuori qualcuna, scelsi la più semplice e, assicuratami di aver messo la stanza in ordine, tornai in soggiorno e rimisi le scarpe.

In quell'istante sentii vibrare il telefono dalla borsa: un messaggio di Nathan.

"È arrivato" affermai.

"Chi?", chiese nonna curiosa. "Sempre Matthew?"

"Ma no, questa volta Nathan."

Portai una ciocca dietro all'orecchio e uscii salutandole. Fuori mi aspettava la sua macchina, più piccola rispetto a quella di Justin e Matthew.

Quando entrai, rimase a bocca aperta: "Sei stupenda".

"E poi", aggiunse ridendo, "sei abbinata alla macchina!"

"A proposito, perché rossa?" chiesi curiosa, tutti l'avevano nera o bianca.

"Non è mia" rispose "è troppo piccola."

"Giustamente le macchine piccole non fanno per te" scherzai appoggiando la borsetta sulle cosce.

"No, non è questo. Ma io ho una moto, questa è la macchina di... riserva" e rise.

"Di riserva?"

"Mio papà ne usa un'altra, mia mamma non vive con noi. Questa è per chi ne ha bisogno" spiegò e aggiunse: "Sarei venuto con la mia amatissima moto, ma è sempre meglio chiedere".

Alzai le braccia al cielo: "Colpa mia".
E partì.

Notai la camicia bianca che aveva indossato, era sicuramente diverso da come lo vedevo a scuola. Ma anche io non ero da meno, non ero abituata a vestirmi elegante e se avevo quei vestiti nell'armadio era solo grazie ad Ashley che mi aveva fatto fare qualche giro per i suoi negozi preferiti.

Mi venne in mente Matthew, ce l'avevo in testa da quando lo aveva nominato nonna. Alla fine non era stato poi tanto male aver invitato Nathan, era un buon amico.

"Ma sai la strada?" sbottai facendoci caso solamente in quell'istante. Michael non gli aveva mandato la posizione, non conoscendolo.

Ridacchiò: "Ho sbirciato in qualche telefono".

Gli diedi un colpetto deducendo che fosse entrato anche nel mio: "Devi smetterla o prima o poi ti denuncio!"

"In compenso siamo quasi arrivati."

Imboccò una via e pochi metri più in là si fermò parcheggiando l'auto. Sbatté lo sportello, subito dopo lo feci anche io; arrivammo dinanzi alla porta d'entrata e suonammo.

Ci aprì Michael: "Siete arrivati, Justin ancora no".

Quando stetti per entrare, mi fece notare di non avergli fatto presentare il mio nuovo amico.

"Lui è Nathan, Nathan lui è Michael" dissi e si strinsero la mano.

"Sì, so chi è" precisò lui istintivamente e lo guardai male, siccome gli altri non sapevano che lui riuscisse a entrare nei loro dispositivi. Non era poi una cosa molto normale tra gli adolescenti. Fece spallucce appena Mike si voltò per farci strada.

Raggiungemmo un giardino sul retro, molto spazioso e pieno di fiori. Dove c'era l'ombra, era sistemato un tavolo circondato da sedie bianche.
Su una di quelle era seduta Ashley che si alzò energica per salutarci.
Squadrò Nathan: "Non ci parli di lui?"

"È Nathan" dissi semplicemente.

"Volevo sapere qualcosa di più" rise lei, chiedeva troppo.

"È qui, puoi conoscerlo" e risero.

Mi sedetti e fecero lo stesso, tranne Michael che si precipitò in cucina chiamando Ashley per dargli una mano.

"Com'è che non chiedi niente?" chiesi riferendomi all'identità di mia cugina e il suo fidanzato.

"So già tutto" affermò e capii, me ne dimenticavo ogni volta. In fondo chi va a pensare che una persona si informi così tanto.

"Strano che non ti arrabbi" mi guardò, in effetti non ero arrabbiata.

"Voglio credere che tu non abbia visto cose che non ti riguardavano e che sai chi sono loro solo perché hai visto sui profili social... quello è accettabile."

"Ho fatto così", spostò lo sguardo, "tranne per Ashley che aveva il profilo privato."

Risi. Non sapevo se era il caso, ma non sapevo nemmeno cosa intendesse nello specifico con la sua confessione. Forse era entrato nel profilo o forse aveva semplicemente visto come mi aveva salvato lei in rubrica.
Non sapevo cosa pensare, eppure non ero arrabbiata con lui.

Il campanello suonò e mi fece perdere un colpo, non ero abituata ai suoni assordanti come quello e sussultavo ogni volta che li sentivo.

Qualcuno raggiunse la porta prima che potessi alzarmi io e riconobbi la voce di Justin. Arrivò anche lui fuori in giardino e fece un cenno con il capo senza parlare per salutarci. La ragazza al contrario mi diede la mano e si presentò.

"Piacere, sono Jessica" tutto mi sarei immaginata tranne che avesse quel nome.

"Alis" dissi stringendole la mano e posò lo sguardo su Nathan. Si avvicinò a lui salutandolo.

Un po' mi dispiaceva che Justin non ci avesse salutato, mentre la ragazza bionda, ormai svelato il nome, lo aveva fatto nonostante non ci conoscesse. In fondo pareva una brava persona.

Dalla cucina tornarono Michael e Ashley sorridenti, sulle mani avevano uno le posate e i fazzoletti e l'altro qualche bicchiere. Fecero su e giù un paio di volte per preparare la tavola e alla fine arrivarono con i piatti con gli antipasti e i primi.

Prendemmo tutti posto, io rimasi lì mentre Nathan si spostò accanto a me.
Mike stappò una bottiglia di vino bianco e iniziò a riempirla ad ognuno, tranne a me che rifiutai e riempii il mio bicchiere con del semplice thé freddo. Brindammo e iniziammo a mangiare.

"Chi ha cucinato?" chiese Jessica dopo aver bevuto un sorso di vino.

Ashley rispose allegra: "Io e Michael".

"Volevi dire Micheal e basta" si intromise lui ridendo "tu mi hai solo aiutato ad assaggiare!"

Ridemmo tutti, mia cugina era esattamente così. Non era capace a cucinare, al massimo dava una mano sotto indicazioni. E poi si prendeva il merito, quasi senza farlo apposta.

Justin era a capo tavola, vicino a me, ma non aveva aperto bocca. Mi dispiaceva e non poco.
Entro quella sera l'avrei fatto parlare, o almeno speravo andasse così.

"Justin, è da un po' che a scuola non vieni più da noi" disse Ashley.

"Tu e Mike state sempre insieme, non voglio essere di troppo" teneva lo sguardo basso ed era tranquillo, impassibile mentre pronunciava quelle parole.

"Se fossi di troppo non ti avremmo invitato" fece l'amico "ma capisco che può darti fastidio... anche Alis non sta spesso con noi", sorrise dolcemente comprendendolo.

Justin non fiatò e mi sorpresi. Sicuramente la sua voglia di discutere sull'argomento ardeva.

Finii di mangiare il primo piatto e iniziai a parlare con Nathan, anche lui aveva finito.

"Come ti trovi con la camicia?" chiesi guardandogliela.

"Sono meglio le mie felpe, puoi confermarlo anche tu" rise per poi portare alle labbra il bicchiere con il vino.

"Sì hai ragione, preparati per lunedì, sceglierò la migliore!"

Non sembrava infastidirlo. Strano, molti ragazzi non amavano prestare i loro vestiti, tantomeno regalarli.

"Alis," la voce di Jessica mi fece voltare nella sua direzione, "ma sei nuova a scuola? Non ti avevo mai vista."

Dal fatto che non lo sapesse, dedussi che Justin non le aveva raccontato nulla sul mio conto e questo non mi era indifferente. Oltre a non parlarmi, non parlava di me neanche agli altri. Nonostante ciò risposi: "Già", e guardai il viso di Justin per vedere una qualche emozione nascosta.

Non mi pose altre domande, così rimasi in silenzio a pensare. Sentivo le voci sottostanti di Ashley che parlava con Michael e Jessica con il suo accompagnatore. Nathan probabilmente faceva come me.
Non sopportavo quella situazione, volevo che Justin mi parlasse. Potevo capire la sua rabbia ma non ne comprendevo le conseguenze. Se veramente ci teneva a me e mi voleva bene, perché doveva comportarsi così? Non potevo avere altri amici oltre a lui, era questo?

Lo guardai, alzò lo sguardo incontrando il mio, ma non aprì bocca. Stufa, ci pensai io a farlo: "Continuerai a non rivolgermi parola?"

"Forse" rispose e si girò verso un altro lato, quello delle sua nuova amica.

"È tutto quello che hai da dire?" continuai senza alzare minimamente la voce; erano poche le volte che alzavo il tono con gli altri, spesso lo facevo quando erano loro ad urlare per primi.

"Cosa vuoi che ti dica? Tu sai cosa mi dà fastidio" replicò, non dissi nulla, così continuò da solo "nonostante tu mi conosca da più tempo, hai difeso una persona che conoscevi solo da pochi giorni e per di più non sai con cosa ha a che fare. Nessuno lo sa."

"Appunto, nessuno lo sa" sottolineai la sua frase trasformandola come punto a mio favore. In più non conoscevo Matthew da solo pochi giorni. 

Nella tavola si era creato il silenzio, colmato solo dalle nostre voci: ci stavano ascoltando.

"E se scoprissi che svolgono attività illegali?" insistette.

"Cosa c'entra?"

"Che nessuno lo sa, quindi non andrebbe messo in dubbio."

"Voglio solo che tu mi parli come prima, non che elenchi tutte le possibili attività di quel gruppo" spiegai, ero certa che il discorso sarebbe finito su loro.

"E io voglio che tu non abbia a che fare con i Kings" esclamò.

"Non è possibile" non li avrei allontanati solo per il suo volere, a lui non causavano nessun problema.

"Allora il discorso finisce qui."

"No che non finisce" replicai insistendo. Ero sollevata dal fatto che nessuno intorno a noi si fosse intromesso.

"Alis, finché non capirò qual è il loro intento, non riesco a fare finta di niente. Pensare che parli con quella gente mi crea il voltastomaco. Riuscirò a trovare cosa nascondono e te lo mostrerò, fino ad allora fai attenzione" e tornò a mangiare. Mi feriva, tutto quello che aveva appena detto. L'unica cosa che non sopportava era che io avessi un King affianco o che parlassi con qualcuno di loro. Non poteva decidere per me e non poteva mettermi di fronte ad una scelta.

"Se è questa la tua decisione... ricordati che ti voglio bene" conclusi. Solo dopo pochi minuti, l'atmosfera tornò quella di prima.

Mi ero dimenticata che Nathan fosse proprio accanto a me e aveva dovuto sentire tutto. Mi chiese se mi sentivo bene e annuii. Erano le nove di sera e ancora non avevamo finito di mangiare, Ashley e Michael tornarono in cucina e portarono il secondo piatto, rifiutando i nostri aiuti. Non finii il secondo essendo piena e notai che anche Jessica faticava a ingerire altro cibo. Parlai un po' con Nathan, aveva acquisito uno strano umore dal discorso avuto con Justin. 

Quando tutti terminammo di mangiare si erano fatte le dieci e Michael ci fece spostare con i bicchieri pieni in soggiorno sul divano dinanzi a uno schermo da cento pollici.

"Ma è enorme" commentai. 

"Mio papà fa l'avvocato" spiegò lui. 

Ci sedemmo e accese la tv: "Giochiamo o film?"

"Film!" esclamammo noi ragazze in coro contrapposto al "giochiamo" dei maschi.

"Precedenza alla donne" disse saggiamente Mike; si aprì l'icona di Netflix rivelando una lista di film e serie disponibili.

La scelta del film passò ai ragazzi che non volevano rischiare di guardarsi qualcosa di troppo romantico e sdolcinato. Ci posizionammo comodi, io ero sempre vicina a Nathan così come le altre coppie.

Michael approfittò del caricamento per prendere qualcosa da sgranocchiare che mise sul tavolino. Presi uno dei pacchetti di patatine e iniziai a mangiarle, quando il film partì. Dopo la prima mezz'ora appoggiai la testa sulla spalla di Nathan che prima la scrollò per farmi un dispetto, poi rimase immobile sorridendo. Nonostante stessi per essere invasa dal sonno, riuscii a seguire e capire le scene che scorrevano davanti ai miei occhi. Mancavano pochi minuti alla fine, data la durata di due ore circa. 

Il telefono di Nathan vibrò sul bracciolo del divano prima una volta, poi due, poi tre. Alzai la testa dalla spalla e riuscii a intravedere i messaggi di auguri inviatogli, era mezzanotte.

"É il tuo compleanno?" chiesi incredula colta alla sprovvista, non me lo sarei mai aspettata. Nascose il telefono dopo aver messo il silenzioso.

"Sì" fu l'unica risposta.

"E lo dici così?"

"Perché?" gli sembrava una cosa del tutto normale, nascondere il suo compleanno.

"Non è da tutti far finta di niente il giorno del proprio compleanno" spiegai; nessuno stava badando a noi, troppo concentrati ad ascoltare il film o addormentarsi.

"Non ci tengo molto..." e nel frattempo mi accorsi di non avergli fatto gli auguri.

"Beh, auguri" sorrisi dolcemente, in altri casi lo avrei urlato, ma non mi sembrava il momento adatto. Probabilmente qualcosa lo turbava...

"Non festeggi con nessuno?" continuai e scosse la testa: "Ora che ci penso potremmo festeggiare insieme..."

Ci pensai su e acconsentii. Senza rendercene conto il film finii, Ashley si stiracchiò dopo essersi semi addormentata vicino a Mike; lo stesso Jessica. Justin sembrava molto pensieroso.

Una volta tutti in piedi, ci salutammo; uscimmo contemporaneamente tranne mia cugina che rimase. Fuori Justin mi salutò freddamente e, senza dargli peso, entrai in macchina.

"Domani ti vengo a prendere alla nove di mattina, facciamo colazione insieme" decise Nathan e mise in moto. Con domani intendeva quel giorno, siccome era mezzanotte passata. Avrei accettato tutto solo perché qualcosa mi faceva sentire terribilmente in colpa per lui.

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