25.La figlia illegittima

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Piccolo Creedence.

Erano sempre le stesse parole, probabilmente sussurrate dal vento.

Ma non c'era vento.

Le chiome degli alberi erano tremendamente immobili, così come le erbacce negli spifferi dei mattoni di quei ruderi di campagna. Tutto era terribilmente statico ma allo stesso tempo tremendamente dinamico. Non vi era una via di fuga in quella landa desolata. Poteva sentire la tempesta irrompere dentro di sé con violenza, quel mostro che lo stava dilaniando senza tregua. La calma apparente dinanzi a quel territorio notturno risvegliava l'oscurius in lui, e stava facendo di tutto per controllarlo.

Si appiattì al tronco di quell'albero solitario, giusto in tempo da non essere visto da un paio di occhi di ghiaccio.

Ma Grindelwald non era solo.

Come Aurelius Silente si era aspettato, un lungo cordone di uomini armati di bacchetta gli facevano da coda. Maghi avvolti dai lunghi e pesanti mantelli, il cui volto era sconosciuto.

Uno di essi attirò la sua attenzione.

Aurelius si sporse appena per osservare attentamente le mosse di quell'individuo. Era stato l'unico ad affiancare il futuro padrone della morte, con la sua andatura decisa e il passo svelto e conciso.

Lo osservò attentamente e trattenne un singhiozzo quando intravide sotto la luce fioca della luna cosa gli celasse il volto.

Una maschera.

Per la prima volta vide Grindelwald stringere i denti, lui odiava essere sorpassato se non dai propri successi. Temette il peggio, prendendo consapevolezza che Grindelwald avesse trovato un unico uomo, un unico alleato alla pari. O forse addirittura più potente, visto che Grindelwald sembrava rassegnato ad accettare che qualcun altro gli facesse ombra. Di tanto in tanto lo vedeva accelerare, ma non riusciva quasi mai a mantenere quel ritmo incalzante. Una corsa contro al tempo, che sembrava però essere dalla loro parte.

Aurelius, ancora aggrappato all'albero, tradito dal suo stesso spirito di avventura e dedizione, era felice che a ogni passo che facevano, si allontanavano dal suo nascondiglio improvvisato. E il suo era fortunatamente divenuto un albero tra tanti.

Il mago, il primo della fila, si abbassò molto lentamente il cappuccio, rivelando lentamente i capelli grigi e scarmigliati che gli ricadevano sulle spalle come lana.

«Bene, veniamo al dunque, Grindelwald.»

Sebbene stesse parlando a bassa voce, Aurelius potè comunque scorgere quella nota di soddisfazione. Quel borbottio rauco, quei suoni gutturali, che sorgevano direttamente dalla sua gola, gli facevano venire dei brividi di freddo lungo le braccia, impedendogli di mantenere a lungo la presa sui rami.
Gellert non aveva paura di incrociare quello sguardo di ghiaccio, non era impavido come un coniglio.

Vi era rigore in quell'uomo dall'aspetto apparentemente venerabile, dalla barba ben curata e striata di bianco.
«Desidera che le maschere continuino a offrire i servigi alla vostra causa...»

C'era qualcosa di strano in quella voce, era come se, socchiudendo gli occhi, potesse udirne le dolci melodie della musica.

«I nostri preziosissimi e sacri servizi...» proseguì la maschera, con un ghigno.
Le labbra carnose gli si incurvarono in un sorriso molesto che fece rabbrividire il ragazzo.
«Mi spieghi perchè dovrei tradire l'amicizia con Nicolas Flamel?»
Grindelwald sogghignò. Si portò una mano davanti alla bocca e lo scrutò.
«Definisci amico chi ti vende dell'elisir di lunga vita?»
«A un ottimo prezzo...»

Fece un passo avanti, avvolgendo le dita ben curate intorno al colletto del suo cappotto. Grindelwald non era un tipo da abbassare la cresta, me lui sapeva far supplicare la gente.

«Risparmi quel briciolo di sicurezza che le è rimasto per dopo, Grindelwald. O forse... dovremmo parlarci più intimamente... in fondo, sei uno di famiglia no? Lo sei sempre stato, anche se non ufficialmente. E io ho sempre rispettato i miei generi, quanto le mie nuore... Non è così che voi comuni mortali definite i rapporti familiari? Uhm?»
Gli alitò in faccia e Grindelwald, sbagliando e iniziando a mostrare i primi segnali di cedimento, chiuse gli occhi per ripararsi dal suo alito di menta.

Subito dopo li riaprì, con un gesto deciso lo spinse via dal suo collo e riprese a trapassarlo con odio. Non gli avrebbe dato l'occasione di esultare.
«Noi comuni mortali? Interessante apostrofe, soprattutto detto da colui che continua a vivere sull'antica gloria. Ma siete proprio sicuri di potervi ancora eccedere come dèi? Chi vi prega più?» Non riuscì a trattenere una risatina sadica, mentre si accarezzava la corta chioma platinata, scioccando si le nocche rumorosamente.

Il resto del gruppo si agitò.
«Bada come parli... s-serpente» sibilò, voltandosi verso la propria famiglia che iniziò a schernirlo.

Una perversa risatina che venne quasi subito domata dallo stesso capo famiglia con un lieve gesto della mano.
Grindelwald, che ovviamente tremava di paura, continuò a trapassarlo, inclinò la testa di lato e si voltò appena nella direzione in cui intravide un ramo di uno degli alberi muoversi impercettibilmente.

«E cosa farai? Farai cadere tempeste di fulmini dal cielo?» Lo provocò, sapendo che forse era perfino capace di fare ciò che le leggende dicevano essere in grado di fare.

Magari ci avevano romanzato un po' su, e non ci credeva veramente.

Eppure, a Grindelwald piaceva giocare con il fuoco.

«Se desideri ottenere ciò che desideri ardentemente dal profondo del cuore, di cui scopro l' esistenza soltanto oggi, hai bisogno di me, Keraunios, o come ti piace farti chiamare...»

«Può darsi» mormorò il capo famiglia «ma non sono così disperato da chiedere il tuo aiuto.»

«Oh sì, che lo farai...» non potè astenersi da pensare Grindelwald.
«Davvero ti spingeresti così... al limite? Solo per ritrovare la tua pseudo figlia "legittima"? Che cosa ti spinge a fare la vendetta, no no no... non va bene...»
«Se mi conoscessi, e credo che sia vero... sapresti anche...» fece un passo avanti con una calma glaciale «che ho un conto in sospeso, soprattutto con te, dall'istante in cui hai disonorato il nostro casato giacendo con Diana! Una belva schifosa come te! E poi... la vendetta non mi interessa più, so bene come scioglierti la lingua a tempo debito.» Osservò il ramoscello secco scricchiolare sotto ai propri piedi e con un lieve movimento circolare con il tacco lo spezzò in frammenti.

Avrebbe fatto la stessa fine, se continuava a ostinarsi di mentirgli.

«Diana era cagionevole, e se non ti avesse conosciuto, probabilmente non sarebbe stata sotto al tuo controllo!» Gli puntò il dito contro, pronto a folgorarlo con quei fulmini sfuggiti al proprio controllo.

Tutti avevano paura di Keraunios, soprattutto della sua indole indomabile.

«Sì...» gli battè le mani Grindelwald, fingendosi compiaciuto dinanzi alla sua stupidità «Diana... la pecora nera, o meglio "bianca" della vostra stirpe. Candida e pura e... con questa assurda affezione per i babbani e gli esseri umani. Non è stata forse lei la causa principale della vostra sciagura?»

Diana, una ragazzetta tutt'ossa, generata forse per compiacere il genere umano, disposta a tutto pur di rendere meno irrealizzabili gli sforzi degli uomini.

Era nata vecchia, più matura dello stesso capostipite della sua stessa famiglia. A differenza degli umani, a loro la vita la complicava.

Clamorosamente.

«Tua moglie non sembra essere così preoccupata della sua assenza. Per lei... quindici anni non sono mai stati così pochi...»
«Non importa ciò che pensa lei, quel che pensano gli altri. Diana è problematica, lo so bene, va contro la nostra moralità... ma sono io il capo famiglia. E non appena tornerà da me, da noi, avrà una punizione esemplare! E lei non è stata mai fedele, alla famiglia.» Proferì sacralmente.

Grindelwald si lasciò scappare una risatina, che fu mascherata da una mano. Quel mago era un ciarlatano anche a se stesso.

«Hm, detto dalla "fedeltà in persona"... e tua moglie... oh, povera scema! Costretta a stare sotto al tuo stesso tetto solo perchè da secoli, se non addirittura millenni, le è stato impartito così... c'è solo una piccola questione, non è così? Lei non può ostinarsi di ribellarsi per via di quel patto di sangue. Mentre tu? Hm, quante concubine hai avuto? Credo che tu abbia superato di molto la trentina... oh, no aspetta...»
«Riprova!» Lo minacciò Keraunios puntandogli contro il dito, visibilmente colpito nell'orgoglio.
«E Diana non è forse una delle tante figlie illegittime che hai avuto? Perchè ti ostini tanto a cercarla? E più speciale dei centocinquanta figli che hai avuto?»

Aurelius Silente non ci poteva credere. L'obsurious che era in lui riprese ad agitarsi, e adesso era tremendamente convinto che non sarebbe riuscito a controllarlo a lungo. Doveva imparare a eseguire gli ordini prima di addormentarsi definitivamente tra le braccia dei suoi cari. Tina lo aveva pregato e lui, ovviamente, non l'aveva minimamente ascoltata.

Respira Aurelius, respira. Tieni a bada il mostro che è in te. Quella vocina nella sua testa di tanto in tanto gli ricordava di avere una coscienza, e di averla repressa per troppo tempo.

«Quindi?» Inarcò un sopracciglio Gellert Grindelwald, in attesa della sua risposta.
«Dopo dodici anni dalla sua presunta scomparsa e molti di più dalla sua lontananza, non oso immaginare quanti danni abbia fatto alla nostra casata! Te l'ho detto, voglio punirla!» Sibilò fra i denti.

Grindelwald rise di nuovo, tremendamente scettico.
«Certo, così come hai fatto tutte le volte che si allontanava dalla vostra tenuta! Tutte le volte che ha rischiato di smascherarvi...»

E lo aveva fatto, ridacchiò fra sé e sé Gellert, diciassette anni prima quando l'aveva vista sola soletta per i campi, avvolta nel suo mantello pervinca. Lì aveva rivelato l'identità sulle maschere, fra un bacio e l'altro tra i campi di grano. All'epoca non era troppo giovane, superava di parecchi anni la ventina.

«Ho cercato a lungo di capire il suo punto di vista, il suo profondo amore verso il vostro genere umano... invano! Ma la rivoglio comunque indietro, adesso.»
«Dopo tutto quello che ha fatto alla vostra stirpe? Anche solo la sua esistenza vi causa problemi!»

A quelle parole, Keranious scattò in avanti e lo afferrò per le spalle. La maschera oscillò minacciosa ma, con grande rammarico di Aurelius, non rivelò neanche un centimetro del suo volto.

«È proprio questo il motivo per cui ti ho chiamato qui...» lo afferrò per il bavero e lo sollevò a mezzo metro di altezza.

In primis Gellert rimase terribilmente serio, ma quando iniziò a sentire che l'aria gli veniva meno, cercò di toccare il terreno con i piedi, senza tuttavia raggiungerlo neanche con la punta delle dita. Così dovette limitarsi a incrociare il suo sguardo, cercando di prendere fiato quanto poteva.

«Perchè non prenderci le cose con calma? Ora che sei qui... possiamo riflettere e fare chiarezza... desidererai di essere morto, farò di tutto per renderti la vita difficile, se non la riporterai a casa. Tu sei l'ultimo ad averla vista ancora in vita. Sei mesi dovrebbero bastarti, o forse tre? Portami almeno il corpo...» gli accarezzò il mento, cacciando fuori un pezzo di lei che lui comprese essere la sua bacchetta.

Ma Keranious non aveva bisogno di una bacchetta, anche per le magie più complesse gli bastava scoccare le dita. E ciò lo rendeva pericoloso.

«Provate solo a torcermi un capello, e i miei uomini...»
«Oh no, non sia mai...» canticchiò allegramente Keranious «Con te la forza bruta sarebbe del tutto inutile, serpente.»

Lasciò libera la presa, e Gellert non potè evitare il contatto con l'erba, divenuta secca.
Si chinò su di lui, accarezzandogli con assidua lentezza l' epiglottide, facendo un po' di pressione con l'unghia fino a scavare un solco nella pelle. Sentiva il sangue colargli lungo il petto, sporcare la sua candida veste di cotone pregiato.

Avrebbe dovuto far leva sui sentimenti, sul suo orgoglio.

«Tutti gli umani hanno un punto debole, anche tu, Keranious.» Mormorò Grindelwald senza fiato, incapace di farsi venire un'idea in mente per sfuggire alla sua stretta. Non poteva usare la magia.

Mentre Keranious amava vederlo boccheggiare.

«Dici? Non sono umano, Gellert, non più. E anche se fosse, non ti darò occasione di scoprirlo. Mi servi, è vero. Ma non da vivo, almeno. Ciò di cui io arei bisogno è la tua preziosissima Memoria. Chi pensi ti sal-»

La maschera trasalì, si bloccò di colpo quando sentì un rumore alle sue spalle. Un rumore indistinto, molto lontano. Involontariamente lasciò libera la presa e Grindelwald ne approfittò per rotolare di lato e rimettersi diritto, a debita distanza.

Gellert, nonostante tutto, nonostante si fosse appena trovato a due passi dalla morte per mano di un uomo molto più potente di lui, non aveva avuto paura. Per un attimo aveva sentito il suo respiro freddo sul suo collo e il sangue di unicorno scintillare ai margini delle sue labbra. Lui non era folle a tal punto da contaminarsi. In fondo, ci teneva almeno un pochino all'onore, il proprio, anche se con un'accezione differente. Non lo aveva mai visto così irato, non che lo avesse incontrato tante volte.

Aurelius dovette serrarsi una mano contro la bocca per non urlare, arrampicandosi in mezzo alle foglie per nascondere la propria presenza. Le unghie gli facevano tremendamente male, e presto non sarebbero state più in grado di mantenere la presa.

Coraggio Aurelius, fallo per loro. Un singhiozzo si perse in quella landa desolata, dove probabilmente avrebbero trovato il suo corpo.

Keranious si guardò intorno, lanciò un'occhiata al resto delle donne e degli uomini che udivano in silenzio. Infine si rivolse a Gellert.

«Bada a te, Feccia!» Gli sputò, colpendolo visibilmente nell'orgoglio.

E sparì nel nulla, come un'ombra vestita a festa, pronta a mietere altre vittime.

Gellert trasse un sospiro di sollievo. Non aveva mai desiderato così tanto di poter essere solo. Scosse velocemente la testa, cerando di riprendere calore nelle sue dita di ghiaccio e iniziò a passeggiare lentamente, forse per calmare i nervi, pensò Aurelius.

Ora che si trovava solo con lui, non aveva così tanta paura. Gellert Grindelwald era un omuncolo rispetto al capo di quel casato misterioso. Gellert Grindelwald non si sarebbe mai unito alla loro causa, lui era il nemico e se aveva scelto di collaborare con loro, doveva fare ancora più attenzione.

Sembrava troppo tranquillo, lo vide addirittura sorridere. Avrebbe ripreso con il suo disegno del mondo, dove sapeva benissimo che, prima o poi, anche a lui sarebbe toccato un ruolo.

E, improvvisamente, Gellert si girò verso di lui e sollevò la testa verso la chioma di quel sempreverde che aveva perso tutte le foglie.

«Grazie, ragazzo mio.»

E a quel punto, ad Aurelius venne la pelle d'ora, e fu attraversato da una scossa talmente intensa che non riuscì a controllare. Si librò in aria, in tutta la sua maestosità, la massa mortale che non sarebbe mai riuscito a controllare del tutto, lacerandogli le carni.

Doveva riferire tutto il più presto possibile, prima che fosse troppo tardi, prima che quei sicari gli dessero la caccia. Prima che quell'obscurious lo facesse a brandelli.

Dinanzi a quella manifestazione di potere, Grindelwald non riuscì a trattenere un sorriso, un sorriso calcolatore, che avrebbe dovuto mettere in guardia chiunque. Era ancora ammaliato dalla potenza di quel ragazzo, dall'incredibile potere che portava dentro.
Si inchinò, accarezzando la terra già smossa con le mani, fino a raccogliere con il mignolo un piccolo cordino.

Chi era lo stolto adesso?

Keranious e il suo casato non si erano accorti di nulla, nonostante per tutto il tempo avessero i piedi poggiati sopra.
Strattonò verso l'alto, osservando lo scorcio che gli si apriva sotto ai propri piedi.

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